Nell’Universo c’è molto più di quanto riusciamo a vedere. La scoperta arriva dal telescopio Canada-France-Hawaii Telescope, situato sul monte Kea nelle Hawaii e dotato della fotocamera dalla risoluzione più alta al mondo.
Una ragnatela di materia oscura lunga 270 milioni di anni luce attraversa lo spazio conosciuto e non emette segnali captabili dal nostro pianeta. Una quantità di materia enorme, che rappresenta una fetta consistente della gigantesca torta che chiamiamo Universo.
L’incredibile numero di corpi celesti osservati e pazientemente catalogati dagli astronomi, ci danno testimonianza di sé grazie alle radiazioni emesse o riflesse, anche a frequenze invisibili all’occhio umano (ma catturate dai moderni telescopi). Galassie, stelle, pianeti e satelliti conosciuti fin’ora, emanano luce (propria o riflessa), mentre la materia oscura, come si evince dal nome, no. Per questo ci sono voluti più i trent’anni per provarne l’esistenza da quando venne ipotizzata per la prima volta.
Si cominciò a supporre che l’Universo fosse composto in gran parte di materia invisibile ai nostri occhi e ai nostri strumenti negli anni ’70. Si notò infatti che le leggi della fisica fino ad allora formulate si scontravano con le dinamiche dei dei corpi celesti e delle galassie. Secondo la fisica, le galassie conosciute avrebbero dovuto disperdere le stelle che le compongono per l’Universo, poiché la forza centrifuga generata dalla rotazione della galassia, risulta di gran lunga più forte della forza di gravita generata dai corpi celesti visibili che la compongono. Quindi si ipotizzò che esiste una grande quantità di materia sconosciuta che, con la sua forza di gravità, tiene unite le galassie.
Ma come si fa a fotografare qualcosa che non si vede? Gli astronomi non osservano soltanto le fonti da cui provengono le luci, ma hanno imparato anche a leggere i messaggi che la luce porta con sé.
La luce ci può dire a che distanza si trova un corpo celeste visibile e la direzione in cui “viaggia” rispetto a noi, ma ci può anche dire cosa incontra o avvicina nella strada che percorre per arrivare dalla fonte luminosa fino a noi.
La luce è formata da particelle che, in quanto tali, subiscono gli effetti della gravità. Grazie all’altissima risoluzione raggiunta nelle immagini del telescopio franco-canadese, si sono potute analizzare distorsioni della luce, (leggeri cambiamenti di traiettoria) dovute proprio all’interazione con la gravità dei corpi celesti di cui fino a ieri ignoravamo l’esistenza.
Secondo le stime, ottenute attraverso modelli matematici, la scienza fin’ora è stata in grado di individuare soltanto il 4% dell’Universo. Il restante 96% che ci è precluso alla vista e nasconde circa il 70% dell’energia presente nell’Universo. L’energia oscura scoperta e mappata dagli astronomi alle Hawaii, rappresenterebbe il 29% del totale.