Reduce dalla maratona del FEF, che ha assorbito la stragrande maggioranza del mio tempo libero, si torna a parlare di videogiochi.
Per la cronaca, visto che magari ve lo starete chiedendo, FEF è ormai diventato l’acronimo ufficiale del Far East Film Festival, il più grande festival di cinema asiatico in Europa. Si tiene ogni anno proprio a Udine ed è in sostanza il trampolino di lancio per molte pellicole, blockbuster o film a basso costo, provenienti dall’Oriente (Cina, Giappone, Corea, Thailandia ecc.). Ringu per citare uno dei classici, è passato su questi schermi prima di diventare The Ring.
Finita la manifestazione, ho cercato di pensare ad un titolo, possibilmente nipponico, che riesca a conciliare divertimento e semplicità allo stesso tempo, che abbia appassionato diverse generazioni di giocatori e che abbia solcato un po’ tutte le piattaforme disponibili.
Come sempre, la scelta è risultata molto difficile ma già da mesi avevo un’idea che ronzava nella mia testa e così ho optato per Puzzle Bobble.
Nel 1986 Taito si rende protagonista di uno dei successi più clamorosi nella storia dei videogiochi.
Uno stage fisso (in pieno stile Snow Bros o l’arcade Super Mario) e due draghetti impegnati nell’uccidere i nemici a suon di bolle, saltando da una piattaforma all’altra.
Dall’uscita del gioco praticamente qualsiasi console sulla faccia della Terra ha avuto la possibilità di offrire agli utenti le gesta di Bub e Bob: Amstrad, Spectrum, Amiga, Sharp X68000 ed addirittura le calcolatrici Texas Instruments. Sega e Nintendo nemmeno le citiamo perché sono ovviamente incluse.
Ma il felicissimo character design inventato da Fukio Mitsuji viene ripreso otto anni dopo da Seiichi Nakakuki. Questa volta il platform assume una dimensione diversa.
Non ci sono nemici, non ci sono salti o uccisioni spericolate ma una sorta di balestra comandata dai vostri draghetti preferiti.
Le bolle, d’altra parte se si chiama Puzzle Bobble ci sarà un perché, sono ancora protagoniste.
Prendendo a piene mani dalla storiografia videoludica precedente, soprattutto da Columns (per chi si ricorda il glorioso puzzle game del Game Gear), l’obiettivo su cui si deve focalizzare è quello di unire le palline dello stesso colore in modo da farle scoppiare.
L’idea è semplice ma non così facile da attuare.
Durante i trenta livelli proposti sono molte le situazioni in cui ci si deve armare di imperturbabile pazienza e “capacità goniometriche” per infilare nella giusta sequenza le sfere.
Il tempo infatti gioca a vostro sfavore e se si risulta troppo lenti nel procedere il piano su cui sono incollate le stesse bolle si abbasserà progressivamente. Nel momento in cui le sfere superano la linea di demarcazione dove sono appoggiati i simpatici draghetti il gioco finisce.
Rispetto a Bubble Bobble cambia la dinamica della modalità a due giocatori perché in questo caso si gareggia sostanzialmente uno contro l’altro in una sfida più che contro il tempo, contro il proprio alter-ego.
In pieno stile mangaka il team di sviluppo ha aggiunto anche una serie di animazioni proprie dei due personaggi (visibili sia quando i personaggi sono fermi sia quando ci sono situazioni particolari come il doversi affrettare), il tutto per rendere il gioco più “carino” o “kawaii” se si vuole utilizzare il termine originale giapponese.
Il successo è rigorosamente scontato. Nel 1994 l’arcade entra nelle sale giochi di tutto il mondo e Taito conosce una seconda nuova giovinezza. Le console dalla quarta generazione in poi hanno più o meno tutte ospitato le avventure di Bub e Bob nella nuova veste puzzle-game.
Una grossa fetta di seguito è stato generato dal segmento mobile, non solo con le classiche piattaforme portatili (Nintendo DS e PSP) ma soprattutto dai cellulari, ormai diventati protagonisti nella gaming industry.
Mi ricordo anni fa durante le lezioni più noiose, sfoderare con gioia Puzzle Bobble sul mio fido Sony Ericsson P910i. E sempre nello stesso periodo anche il Nokia N-Gage poteva contare sul medesimo titolo.
E’ importante citare questo fatto perché Puzzle Bobble a suo modo ha aperto la strada a tanti titoli (sia porting sia creature ad hoc) ad esempio per l’iPhone. Se quindi sul mela fonino potete godere delle gesta di Ruy&soci ricordatevi che lo dovete in parte proprio a Taito e i suoi fantastici draghetti.