Il mercato che iPhone ha sostanzialmente inaugurato, quello degli smartphone da circa 500 € destinati al grande pubblico, si trova ancora in una fase che potremmo definire “prepuberale”.
In questa fase tuttavia, due approcci fondamentali dividono l’industria e il mercato: l’integrazione verticale fra hardware e OS/App e un approccio orizzontale, con OS e il relativo parco applicazioni disponibile per un numero elevato di produttori.
Per motivi che ho esposto già qualche mese fa, sono persuaso del fatto che, in questo momento, l’integrazione verticale hardware-software rappresenti la strada maestra per questo mercato.
I motivi di questa mia convinzione risiedono essenzialmente nella necessità di sfruttare in modo ottimale un hardware (batteria compresa) molto limitato e nella necessità altrettanto cogente di mantenere il parco App libero dal vincolo dei requisiti di sistema – in tal senso è ottimale la condizione in cui ogni App gira su ogni hardware compatibile con un determinato OS, sfruttandolo appieno.
L’acquisizione di Palm da parte di HP rafforza in me questa convinzione e, nello stesso tempo, ribadisce un elemento strategico fondamentale: ogni azienda mira ad avere sotto il suo diretto controllo tutti i fattori che possono influenzare la user experience e in ultima analisi il successo dei suoi prodotti.
In questo senso, per un’azienda che abbia le risorse necessarie a sviluppare e supportare un ecosistema software pare, ancor più dopo l’affare HP-WebOS, preferibile utilizzare sui propri smartphone un OS controllato in maniera diretta ed esclusiva.
Il valore di un OS sviluppato in casa, laddove esistano le economie e le risorse tecniche per sostenerlo, risiede nella differenziazione. Da un lato, se un produttore di OS “aperti” spinge sull’ottimizzazione, è costretto a fissare delle specifiche hardware vincolanti per i produttori, che si ritrovano a competere con prodotti più o meno feature equivalent, i quali finiscono per scontrarsi su elementi collaterali come il design, o sul prezzo.
Se al contrario il produttore di un OS tiene le briglie sciolte sulle specifiche hardware, il rischio è quello di performance e caratteristiche esperite dall’utente non proporzionali al potenziale dell’hardware e, di conseguenza, una compatibilità a macchia di leopardo del parco App. Da quest’ultimo fattore discende il ricorso al vincolo dei requisiti di sistema, che limita la fruibilità delle applicazioni, particolarmente da parte di un pubblico orientato più alla funzione che all’approfondimento delle feature tecniche.
Credo che l’acquisizione degli asset di Palm da parte di HP rafforzi queste considerazioni e rappresenti una forte indicazione rispetto alla volontà di HP di porre sotto il proprio diretto controllo tutti i fattori che possono differenziare i suoi prodotti dalla concorrenza.
In questo, ovviamente, Microsoft e Google si trovano a perdere un potenzialmente grandissimo cliente, che invece finisce nella lista dei competitor.