Forse non lo sapevate, ma già nel 2005 la Electronic Frontier Foundation (EFF) scoprì che tutti i modelli Xerox DocuColor (40-80ppm), imprimono sui fogli stampati un watermark non visibile all’occhio umano, nemmeno con ingrandimento, in cui sono riportati tra l’altro il modello della stampante, la configurazione, il numero di serie e la data in cui il documento è stato stampato.
Questo piccolo watermark, una griglia 15 per 8 stampata con una tonalità molto chiara di giallo e visibile solo con una luce a LED blu, ha inizialmente incontrato un vuoto legislativo, che negli USA permane. In Europa invece, dove la privacy viene presa un po’ più sul serio, il vicepresidente e commissario per la Giustizia Franco Frattini ha rilasciato una dichiarazione ufficiale, secondo la quale il sistema adottato dalla Xerox potrebbe violare i diritti fondamentali dell’uomo. Ma qual è lo scopo del watermarking?
Non sorprende che le giustificazioni ufficiose tentino di dipingere il sistema come un mezzo per rintracciare reati come la contraffazione. Nella realtà resta una delle tante scorciatoie extragiudiziali messe gentilmente a disposizione delle forze dell’ordine americane – Xerox è tra l’altro l’unica azienda americana DOC fra i pesi massimi del settore.
Da chi e per quale fine vengano commissionate queste preoccupanti attività – che non fanno certo parte dell’interesse economico di un’azienda – è un pensiero che riporta quasi direttamente alle teorie del maxicomplotto di David Icke.
La presa di posizione del nostro Frattini darà dunque molto da lavorare ai lobbisti, e sospetto che non saranno gli uomini della Xerox i primi a bussare alla sua porta.
Fonte: ArsTechnica