Ci sono degli oggetti che nel 1983, in Italia, sembravano venuti dallo spazio. In un’epoca ancora ampiamente dominata da voluminosi monitor a fosfori verdi e da computer portatili per modo di dire, senza batteria e dal peso contenuto entro i 10KG, qualunque dispositivo portatile avesse attaccata una tastiera e un monitor, dalla calcolatrice scientifica in su, bastava ad esaltare l’immaginazione del proto-smanettone.
Come abbiamo avuto modo di ricordare parlando di Sharp X68000 e FM-Towns, molti di questi computer del futuro arrivavano dal Giappone. È il caso del Kyocera Kyotronic KC-85, un computer di dimensioni e portabilità inedite nel mercato degli anni ’80. A questo punto vi starete chiedendo: che c’azzecca la Olivetti con Kyocera?
Semplice: la Olivetti fu uno dei tre marchi che prese in licenza il design del Kyotronic TC-85 per farne un prodotto a marchio proprio: l’Olivetti M10. Come scopriremo in questa nuova puntata della rubrica dedicata alla grande telenovela degli albori informatici, non si trattò di un semplice rebranding ma di una personalizzazione più profonda, che riguardò dettagli architetturali oltre che l’aspetto estetico.
Sebbene “not invented here”, M10 rappresenta per l’azienda di Ivrea un vero e proprio asso nella manica in un mercato ancora popolato da mastodonti che tentavano di replicare le già scarse funzionalità dei PC desktop di allora – aggiungendovi ulteriori limiti.
L’approccio di TV-85/M10, mascotte della gamma Olivetti dell’epoca, consiste invece nel rendere disponibile la massima funzionalità nel minimo spazio – l’equivalente di un foglio A4 – mantenendo come priorità assoluta la compattezza del design e la durata della batteria.
Come il mondo informatico ha iniziato ad imparare dagli ultimi anni dell’ultimo decennio, per assolvere ai bisogni di produttività in mobilità non è indispensabile replicare in piccolo ogni funzionalità di un computer da scrivania. Coerentemente con questa impostazione, M10 non necessita di caricare un DOS su cui “poggiare” le applicazioni: una ROM contenente un interprete BASIC e una UI controllata da, tastiera, sono più che sufficienti per sfruttare ogni funzionalità del sistema.
L’utente non deve poi preoccuparsi di salvare i file, perché questi vengono scritti nella memoria RAM non volatile in tempo reale, e possono essere aperti successivamente semplicemente selezionandoli con i tasti direzione e premendo enter.
Il boot della macchina è ovviamente istantaneo, e la durata della batteria addirittura clamorosa: 40 giorni (uso medio di un’ora al giorno) o 5 giorni, con un uso medio di 4 ore al giorno, da 4 comunissime batterie stilo!
Cotanta meraviglia tecnologica arriva sul mercato a un prezzo dopotutto accettabile: dal milione di lire ai circa 2.4 milioni necessari per la versione più accessoriata.
Sotto il profilo tecnico, M10 è basato sulla CPU 80C85 di OKI, compatibile con Intel 8085, RAM dagli 8 ai 32KB, ROM da 32 o 64KB, porte parallela e seriale, più una dedicata all’unità a nastro e una per il collegamento a lettori di codici a barre.
Rispetto al design del modello originale Kyocera, M10 presenta uno schermo inclinabile di 30° per facilitare la lettura dell’innovativo display LCD da 40 colonne per 8 linee. La versione più costosa di M10 integra anche un Modem da 300 baud, elemento portante della sua vocazione “zingara”.
Sono poi incorporate in ROM alcune applicazioni, ed altre ancora se ne possono aggiungere tramite l’interfaccia per il lettore di cassette – se poi lo spazio in ROM dovesse finire, ci sono alcuni zoccoli liberi sulla scheda madre per ampliarlo.
Come gli equivalenti NEC (PC-8201A, venduto sul mercato asiatico) e Tandy (TRS-80 M100, destinato al mercato USA), Olivetti M10 rappresenta molto più che un technology showcase: è un prodotto che conquista un suo mercato in forza di una value proposition semplice e molto ben eseguita.
Non a caso nella famiglia cui appartiene M10, c’è lo zampino di un certo Bill Gates, coinvolto dalla Kyocera fin dalle primissime fasi del progetto nonché autore materiale della gran parte del coding della ROM, come racconta orgoglioso in una sua vecchia intervista.
Per ulteriori approfondimenti vi rinvio all’interessantissima “monografia” di un appassionato italiano.