Pubblichiamo un guest post di Lorenzo Tosetto
La prima domanda è: “perché?”. Per desiderio di conoscenza? Per sfida? Per comodità? Per spinta economica? O per fame di onnipotenza?
Qual è stato il processo che ha portato a quella che oggi è chiamata robotica, altresì nota come quella scienza in cui anche l’uomo tenta di creare qualcosa a sua immagine e somiglianza?
Chiaramente non lo so, e dubito fortemente che esista una chiara risposta. Probabilmente è un insieme di tutti questi motivi, e forse altri ancora. Come già detto in articoli precedenti, io sostengo fermamente il carattere di “sfida” che spinge (e deve farlo) l’uomo in ogni ambito della vita, ma è chiaro che sarebbe una risposta troppo semplicistica se consideriamo che è altrettanto valido il concetto per cui “se può vendere, studiamolo”.
Il mondo della fantascienza (in letteratura, al cinema, in televisione, etc…) ci ha ormai abituati ad un futuro dove umanoidi di varia foggia servono i veri umani, o convivono con essi, o li schiavizzano, o -per cortese ringraziamento- li sterminano. La data di una tale epoca solitamente dipende dall’ottimismo dell’autore e si pone in un futuro vagamente prossimo.
Qual è il fondo di verità? E a che punto siamo della “scala evolutiva” dei robot?
Siamo al punto in cui, che piaccia o meno, è difficile compiere le azioni comuni durante una giornata senza incontrare un oggetto rientrante in una delle varie definizioni associate al concetto di ”robot”, o senza utilizzare un qualcosa che non sia stato manipolato o prodotto da una tale macchina.
L’investimento dei vari governi e dei privati nel campo della robotica è tuttora molto intenso e molti esperti sostengono che si potrà arrivare davvero a creare una macchina “intelligente” nel vero senso della parola (come i malvagi Cylons di Battlestar Galactica, per fare un esempio). Ed ecco che di nuovo salta fuori il concetto di “singolarità tecnologica” accennato nel mio precedente articolo sulla legge di Moore, definito come il momento in cui -di fatto- il progresso tecnologico sfugge dalle inesperte mani dell’uomo e prende una via imprevista, che potrebbe coincidere con l’avvento di una civiltà superiore (i robot?). Un interessante approfondimento, seppur un po’ tecnico, può essere trovato in questo saggio di Kurzweil.
E’ chiaro come tutte queste prospettive risultino magari ridicole: è difficile credere che un domani uno scatolotto di metallo bussi alla nostra porta per eliminarci e prendere possesso di casa nostra. Sembra invece più verosimile un futuro in cui la maggior parte dei lavori verranno svolti da obbedienti robottini mentre l’uomo se ne starà in panciolle a godere dei piaceri della vita.
Quanto -però- questa percezione è influenzata da una letteratura “ignorante” delle vere potenzialità tecnologiche? E viceversa: quanto i progressi tecnologici sono invece “ispirati” dalla fantasia di scrittori e registi? Quanto questi due aspetti, invece, convivono e interagiscono? E dunque quanto effettivamente abbiamo una chiara visione di cosa può riservarci il progresso?
Questo, più che un articolo di divulgazione, vuole essere un articolo di domande, di riflessioni, di pensieri. Vuole essere un input di discussione su un tema che diventa sempre più attuale con il passare del tempo, in un’epoca in cui i governi finanziano profumatamente interi gruppi di ricerca dediti alla robotica, e in cui -con sempre maggior frequenza- si parla di etica e di limiti da porre alla ricerca stessa.