Tra tornado, tsunami e terremoti si sente sempre più spesso parlare di grandi tragedie naturali che si abbattono sull’uomo, causando migliaia e migliaia di morti. Dobbiamo quindi avere paura di questi fenomeni naturali, e vederli come una risposta della natura contro l’uomo, suo nemico?
Io non credo. Questo post vuole essere una riflessione basata su diversi spunti che mi sono stati dati dall’Ing. Fulvio Re Cecconi, del politecnico di Milano. La domanda che ci siamo posti è la seguente: è il terremoto o è l’uomo che uccide?
Noi italiani guardiamo Haiti con un occhio comprensivo, visto che non molto tempo fa abbiamo subito a nostra volta molte perdite, durante il terremoto dell’Aquila. Di certo come numero di morti questi due terremoti non possono essere nemmeno paragonati, ma ci sono, secondo me, alcune considerazioni che li accomunano.
Un paio di numeri per rendere l’idea: il 14 Giugno 2008 c’è stato un terremoto in Giappone, nella regione Iwate-Miyagi Nairiku. Il terremoto, che ha colpito diverse città del Giappone, ha raggunto un’intensità di 6,9 e ha causato, in totale, 13 morti. Il 6 Aprile 2009 un terremoto di magnitudo del momento fisico di 6.3 si è abbattuto in Abruzzo, causando 308 morti. Il 12 Gennaio l’isola di Haiti è stata colpita da un terremoto di magnitudine 7.0 che ha raso al suolo la capitale e ucciso più di 200 mila persone.
La prima osservazione che si può fare, senza conoscere i dettagli dell’accaduto ma semplicemente guardando questi numeri, è la grande disparità di decessi causati dai tre terremoti. Da che cosa è giustificata?
Nel nostro immaginario collettivo tutti abbiamo presente l’avanzata tecnologia applicata dai giapponesi nelle costruzioni, per difendersi dai terremoti. Probabilmente per autodifesa, a causa della frequenza con cui sono soggetti a questi disastri, i giapponesi hanno concentrato gli sforzi nella comprensione, prevenzione e difesa dei terremoti. La gente comune è preparate sa come comportarsi, e ingegneri e architetti sanno come costruire gli edifici per minimizzare i danni. Questo ha fatto si che il terremoto di Iwate, pur essendo molto intenso, abbia avuto conseguenza limitate in termini di perdite umane.
La gravità delle conseguenze di un terremoto, quindi, può essere regolata con un approccio scientifico. Nell’antichità si credeva che i terremoti fossero espressione dell’ira divina e, di conseguenza, fosse impossibile per l’uomo difendersi o fuggirne. Oggi l’atteggiamento non è, e non può essere, lo stesso. Esiste una branca dell’ingegneria, detta “ingegneria sismica” il cui scopo è esattamente quello di comprendere l’effetto delle onde sismiche sugli edifici e progettare la nuove costruzioni limitando al massimo questi effetti.
Ogni terremoto ha un “carico” sull’edificio, che dipende dall’intensità del terremoto stesso e dalle capacità dell’edificio di resistere a tale peso. Il modo più economico ed efficace per difendersi dai terremoti è rispondere adeguatamente alle vibrazioni che essi inducono. In questo l’estremo oriente è maestro, costruendo edifici estremamente alti e allo stesso tempo in grado di resistere a terremoti molto intensi.
L’edificio illustrato nell’immagine a fianco è la torre Taipei 101, uno degli edifici più alti del mondo. È costruito in una zona molto ventosa e sismica, ma è progettato per resistere a folate di 216 km/h e terremoti con intensità tale da avvenire solo una volta ogni 2500 anni.
Per raggiungere tale obiettivo, e stata inserita una massa pesante sulla punta del palazzo, per indurre una risonanza con le vibrazioni esterne. Sembra un po’ un controsenso, visto che in genere per aumentare la stabilità si vuole mantenere il baricentro più basso possibile, concentrando i pesi nella parte inferiore dell’edificio. Il trucco, però, in questo caso è che il peso in questione è un pendolo che ha la caratteristica di oscillare in controfrequenza con il terremoto. Per questa ragione è possibile costruire un edificio così alto e allo stesso tempo così resistente ai terremoti.
Questo è solo uno dei metodi con cui l’ingegneria ci può difendere dai terremoti. La scelta dei materiali, le direzioni dei muri portanti, la regolarità della pianta dell’edificio, sono tutti fattori che vanno tenuti in considerazione al momento della costruzione.
Certamente, quando si è di fronte a una città storica, di origini antiche, non si può raderla al suolo per costruirci grattaceli futuristici e resistenti a qualsiasi terremoto. Vi sono però sistemi per aumentare la resistenza al sisma tramite ristrutturazioni e aggiunte.
Sembrerebbe quindi che la risposta sia sotto i nostri occhi e che ogni nazione, investendo adeguatamente su ingegneri specializzati, possa scongiurare ogni timore di venir danneggiati dai terremoti.
Purtroppo la società umana è una società molto complessa, e una risposta così semplice non può essere applicata senza il rovescio della medaglia.
L’Ing. Re Cecconi ha osservato come vi siano fattori poco scientifici, ma molto importanti, che pesano molto sulle scelte dei governi. In primo luogo la ricchezza. Queste tecnologie e questi investimenti hanno un costo molto sostenuto, soprattutto quando si tratta di ristrutturare palazzi storici senza snaturarli. La scienza fornisce alla politica dei numeri, può dire a quale terremoto un edificio può resistere, con che probabilità tale terremoto può avvenire e qual è la statistica di possibili decessi per tale terremoto.
A quel punto sta allo stato decidere quanto investire in quel progetto, e quanto i soldi così investiti abbiamo un buon rapporto spesa / benefici. La ricchezza di un paese ha generalmente anche un peso sul valore della vita dei propri cittadini. Parlare di cifre e probabilità quando si contano vite umane non è mai bello e fa sempre paura, ma spesso è un approccio necessario per far andare avanti la società. Un paese ricco è generalmente più sensibilizzato verso i rischi che la propria popolazione corre ed è quindi più propenso a investire per la sicurezza, vedendo in un certo senso il rientro economico e sociale di tale spesa.
Legata al lato economico, vi è anche la scelta dei materiali e la spesa legata alla manodopera. Le aziende che hanno l’appalto per la costruzioni tendono spesso a risparmiare o sulla scelta dei materiali o, dove questi materiali non rappresentano più un bene di lusso, sulla spesa della manodopera. È necessario quindi controllare che i cementi e in generale i materiali utilizzati rispondano esattamente alla descrizione fatta dagli ingegneri, altrimenti si va a perdere la gran parte della protezione. La scelta dei materiali, inoltre, segue anche considerazioni di tipo storico e sociale. In Italia, per esempio, abbiamo grande abbondanza di argilla e, di conseguenza, la nostra architerrura si basa molto sulle costruzioni in mattone. In certe occasioni scelte basate su considerazioni storiche e sociali possono non essere le migliori, ma spesso sono le più facili da intraprendere.
I fenomeni naturali rimangono quindi un rischio per l’uomo, ma è l’uomo stesso, con la sua società e modo di agire, che può rendere questo rischio elevato o superficiale.
Ci sono chiaramente dei limiti a quello che l’uomo può fare. Nello specifico del terremoto dell’Aquila, per esempio, l’intensità era molto più elevata rispetto a quella che era legittimo aspettarsi. Anche edifici costruiti in piena regola avrebbero molto probabilmente ceduto ad un terremoto così potente per quella zona.
Resta il fatto che molto spesso i morti a causa di queste tragedie naturali sono da annoverare tra le vittime dell’uomo e non della natura, come si potrebbe pensare. Bisognerebbe forse che i governi valutassero maggiormente le conseguenze di una scelta superficiale, perché una tragedia evitata spesso costa meno dei soccorsi e della ricostruzione.
fonti: Ing. Re Cecconi, comunicazioni private e “Gli effetti del sisma in Abruzzo, Cronaca dei sopralluoghi di agibilità” di P. Cicchiello e B. Luraschi, tratto da “Ingegneri” numero 6/7 giugno-luglio 2009.