Con eccezionale tempismo, il governo inglese, nella persona del Ministro per la Proprietà Intellettuale Lord Triesman, sta prendendo in esame la possibilità di rendere legale il “format shifting” – l’operazione che i grassatori della proprietà intellettuale comunemente definiscono ripping.
Il provvedimento, esteso al solo uso privato, non manca di sollevare alcune questioni.
– innanzitutto, cosa s’intende esattamente per uso privato e personale?
– quanti ripping sono consentiti?
– il provvedimento sarà retroattivo?
Una cattiva interpretazione di questi punti trasformare questo apparente passo in avanti in un notevole passo indietro.
Intanto, sottinteso all’attuale status quo, è che i possessori inglesi di lettori mp3, che hanno riversato nel player la musica da loro acquistata su CD, abbiano commesso un reato.
A giudicare dalla difficoltà del “parto”, i legislatori devono vedere nella pratica del ripping, il primo passo verso il crimine. Domanda: non sarà il momento di ricalibrare alcune vetuste nozioni sul diritto d’autore e smetterla di battere, in modo sempre più sterile e contro ogni evidenza, sulla pressoché sola via della repressione? Nel caso in cui si intenda insistere nella repressione, non sarà il caso di mettere direttamente al bando i lettori mp3 e la distribuzione al pubblico di ogni tecnologia di compressione audio?
A mia memoria, ma del resto non è una novità, non c’è mai stato un periodo in cui la legge si trovasse in così imbarazzante ritardo rispetto alla realtà dell’evoluzione tecnologica (d’altronde in Italia, di questo passo, saranno legalizzate prima le droghe pesanti che il ripping). Guardando la questione da un’altra prospettiva, in pochi altri casi è stata altrettanto nitida l’affermazione delle lobby sulla vita pubblica.
Fonte: ArsTechnica