Mi perdonerete ma del lato artistico di Lily Allen non so nulla. Alle mie orecchie è a malapena arrivato il nome di quella che mi pare nient’altro che la n-esima starlette del pop, fotocopia di mille altre più o meno famose di lei.
Quello che m’interessa, è che la signorina Allen ha costruito la sua fama attingendo a piene mani dal mondo social (in particolare MySpace), e che ha recentemente inaugurato e subito chiuso un blog in cui si schiera decisamente a favore del principio dei three strikes. Un principio duro nei confronti dei downloaders fuorilegge, contro il quale si è schierata anche la FAC – Featured Artist Coalition, un gruppo che riunisce nomi famosissimi del panorama musicale.
La tesi della Allen è così riassumibile: voi (FAC) siete già ricchi, famosi e potenti, nonché titolari delle più grandi collezioni d’auto di lusso al mondo. Ci siete arrivati per le vie classiche, ma adesso che avete il c*** al caldo diventate favorevoli al download, che danneggia gli interessi di chi oggi cerca il successo.
Si è scatenato l’inferno: blogger, utenti, giornalisti, hanno subissato il suo blog d’insulti e la rete di attacchi nei suoi confronti, alcuni dei quali giustificati e argomentati, altri proprio no.
L’intolleranza che l’armata brancaleone del “tutto gratis” oppone a quanto rechi il marchio d’infamia del diritto d’autore è ben nota – non che dall’altro lato della barricata ci siano teste meno gloriose e parole d’ordine più sensate, beninteso.
Prima di andare avanti voglio specificare che non sono favorevole al principio dei three strikes, ma soprattutto che non sono certo del fatto che il download illegale danneggi in modo automatico un artista. Infine non credo che un download illegale possa mai equivalere ad un mancato acquisto. Ciononostante mi domando: un mercato musicale liberato del tutto o in buona parte dalle major, sarebbe capace di sostenersi economicamente? Riuscirebbe a a far emergere e a valorizzare talenti come e meglio di come il sistema tradizionale ha fatto nell’ultimo secolo?
Ad inveire contro le critiche della Allen, c’è gente che non ha certezze da opporre ai miei dubbi. C’è gente che difficilmente, nel momento in cui difende il diritto a scaricare, si pone il problema della sostenibilità economica dell’industria.
Dal canto suo la Featured Artists Coalition è formata da soggetti il cui agio a mettere in discussione le case discografiche, è stato interamente e lautamente finanziato dalle case discografiche stesse, ivi comprese le logiche grette e puzzolenti che più volte in AD abbiamo descritto.
Da un lato della barricata abbiamo dunque delle lobby attaccate ai propri privilegi, goffamente rappresentate dalla Allen, che nel bene e nel male hanno tirato avanti la carretta per un secolo. Dall’altra c’è il pubblico di quelli che, pagato il canone Internet, pensano che tutto quel che c’è dentro gli spetti di diritto, a braccetto – la vita è piena di sorprese – con una lobby di eminenze musicali, portatrice di proposte interessanti ma pur sempre legata a doppio filo con il vecchio e ammuffito regime musicale.
In un quadro così configurato, la presa di posizione della Allen, e le relative risposte indignate, rappresentano pienamente il tenore delle discussioni in atto sul diritto d’autore. Fino a quando la sorte dell’industria musicale si deciderà fra questi soggetti, fino a quando il ripensamento del diritto d’autore vedrà contrapposte ideologie e non proposte concrete, dubito che si arriverà a conclusioni definite e sostenibili.
Quelle degli eminentissimi artisti della FAC meritano attenzione, ma sarebbe il caso che qualche governo si liberasse per un attimo dalle pressioni di questa o quella lobby, per prendersi la responsabilità di riformare un sistema di diritto d’autore da decenni non più al passo coi tempi. In teoria, l’esercizio del potere legislativo è uno dei motivi per cui le nostre tasse finanziano il parlamento.