Facendo un’eccezione alle sane abitudini della plurititolata rubrica settimanale dedicata alla nostalgia informatica, quest’oggi prenderemo in esame un gioco che, nei termini retrocomputeristici, rappresenta una novità recente, essendo datato appena 11 anni fa.
Stiamo parlando di un titolo che non ha certo la fama della serie Grand Prix del geniale Geoff Crammond, né quella delle varie edizioni di Need For Speed, ma che tuttavia si è ricavato un posto nel cuore di molti appassionati, pronti a dedicargli ancora ore di gioco, tornei, fansites.
Parliamo di Viper Racing, un gioco sviluppato dalla Monster Games e distribuito dalla fu Sierra Entertainment, che fra le simulazioni di guida da me mai provate e possedute, detiene il titolo assoluto per la maggior longevità.
È quasi incredibile pensare che nel 2009, un gioco concepito per girare “alla grande” su una Riva TNT, possa ancora entusiasmare: cerchiamo di capire perché.
Iniziamo col dire, tanto per sgombrare il campo da ogni confusione, che Viper Racing è una delle poche simulazioni di guida (definizione che taglia fuori la gran parte dei vari NFS, Test Drive e simili) che richiede l’uso della frizione manuale per massimizzare la velocità di cambiata e quindi l’accelerazione.
Da qui in poi è tutto gusto per gli amanti del genere: dell’auto (una Viper, se non si era capito) si può modificare qualunque settaggio, dal camber al freno idraulico delle sospensioni anteriori e posteriori, dalla rigidità delle barre antirollio al bilanciamento dei freni, dall’ampiezza della sterzata fino alla convergenza delle quattro ruote.
La possibilità di intervenire su questi settaggi, il fatto che ciascuno di questi sia in grado di influenzare drasticamente il comportamento dell’auto e quindi il tempo sul giro, la necessità di partire da zero per ogni gara, in ragione della differente morfologia di ciascuna pista, sono fattori che annoiano i più, ma nel vero appassionato stimolano quella sorta di masochismo che fa rimanere in piedi notti intere alla ricerca del setup perfetto.
Un esempio pratico per capire la complessità del modello: quando in VR l’auto finisce a mollo, a folle reagisce all’accelerazione rollando in direzione contraria alla rotazione dell’albero motore (che sulla Viper è longitudinale); quando si fa lo stesso esperimento con una marcia innestata, l’oscillazione tiene conto anche della rotazione dei pneumatici e l’auto si muove dunque obliquamente.
Oltre alle modalità cronometro, ghost e gara singola, il gioco offre l’opportunità di iniziare una carriera da pilota, ed è qui che salta fuori un altro dettaglio “croccante”: con i soldi guadagnati in caso di piazzamento o vittoria, è possibile elaborare l’auto non solo con vari pezzi, ma con diverse tipologie di pezzo in ogni comparto, più o meno costoso. Ciascun componente è descritto minuziosamente, compresi gli incrementi di potenza o le riduzioni di peso che offre.
L’acquisto dei componenti garantisce l’accesso progressivo a tutte le regolazioni dell’auto, che inizialmente è totalmente stock, con la possibilità di regolare solo bilanciamento della frenata e l’ampiezza della sterzata.
Ad elaborazione completata, l’auto somiglia alla versione di serie meno di quanto l’incredibile Hulk somigli a Bruce Banner: 250 CV si sommano ai 450 originali per produrre un’onestissima accelerazione, le sospensioni diventano da gara e completamente regolabili, l’aerodinamica diviene anch’essa regolabile sia avanti che dietro così come il cambio ed altri dettagli.
Non c’è tuttavia bisogno di arrivare ad un’auto full power per apprezzare le straordinarie doti del motore sviluppato dalla MGI, vero capolavoro di realismo. Già alla guida della Viper di serie, è possibile apprezzare la precisione con cui qualunque azione sui comandi, comporta una reazione evidente sul comportamento dell’auto, comprese frequentissime ispezioni della flora circostante la pista.
La possibilità di stabilire la sensibilità dei comandi (anche da tastiera, in modo da non dare il 100% di gas, freno o sterzata alla minima pressione) rende più agevole il controllo, che tuttavia richiede molta pratica e, se possibile, l’uso di strumenti analogici dedicati.
Malgrado i piccoli aiuti, entrare ed uscire da un tornante richiede tutto il rispetto che un’auto da 450 CV e quasi 2 tonnellate impone e, se anche la sensazione di velocità (non dimentichiamoci che parliamo di un gioco del 1998) sull’auto di serie non è sempre intensa come ci si attenderebbe, basta una toccata di troppo o troppo in anticipo dell’acceleratore, per finire in un testacoda, con altissima probabilità di rottura di parti meccaniche e/o tamponamento degli avversari, sempre molto agguerriti.
Se giocando a Need For Speed qualcuno si fosse illuso che guidare una Lamborghini Diablo non sia dopotutto troppo diverso dal guidare una Y10, Viper Racing è dunque il titolo che per eccellenza può smentire queste bislacche convinzioni, riuscendo a trasmettere una sensazione di realismo che da principio spiazza, per poi appagare in modo duraturo.
Dulcis in fundo, a dimostrazione delle straordinarie qualità del motore fisico, il gioco è tuttora oggetto di aggiornamento da parte di un’estesa base di appassionati (innanzitutto VRGT.com): patch per incrementare il realismo e la complessità dei modelli tridimensionali, nuovi tracciati, nuove auto (tra cui le leggendarie McLaren F1 GTR e Porsche 962, riprodotte visualmente e dinamicamente con precisione maniacale), tornei in multiplayer via Internet, bastano, ad 11 anni dalla data di rilascio, a fare di Viper Racing un titolo ancora godibilissimo e, per alcuni versi, ineguagliato. Sempre a patto che abbiate una scheda video da almeno 16MB e un’ottantina di MB liberi su hard disk.