Vi ricordate l’inquietante scenario di Quake 2, in cui i soldati umani venivano trasformati tra indicibili sofferenze in macchinari da guerra ibridi, fatti di parti umane e metallo?
Vi presento il professor Ryohei Kanzaki, che lavora dai primi anni 90′ nel Centro ricerche per le Scienze avanzate all’Università di Tokyo.
Lui si occupa degli insetti e soprattutto dei loro cervelli, la psicanalisi però non è il suo campo. I suoi studi hanno prima dimostrato che le falene, nonostante abbiano un cervello un milione di volte più piccolo del nostro (100.000 neuroni contro 100 miliardi) hanno delle capacità cognitive strabilianti e sanno adattarsi ai cambiamenti e reagire velocemente con criterio.
Per questo le falene potrebbero essere adatte ad operazioni di polizia o di salvataggio se appositamente mutate geneticamente e forse diventare ottimi piloti di robot, se solo si riuscisse ad interfacciarle con le macchine…
Kanzaki porta avanti diversi ambiziosi progetti contemporaneamente, tutti sulla pelle di questi insetti. L’obiettivo finale è sempre lo stesso: creare eserciti di piccoli servitori che andrebbero a svolgere compiti che nessun uomo potrebbe o vorrebbe fare.
Una strada su cui si sta spingendo la ricerca punta alla modificazione genetica delle falene per modificarne il comportamento, confondendo l’istinto sessuale degli animaletti per spingerli a seguire input che con loro grande perplessità non li porteranno all’obiettivo che si erano preposti. Per ora sono riusciti a sostituire l’odore della femmina con i forti impulsi luminosi. Alcune ipotesi di utilizzo prevedono di sfruttare gli acuti sensi degli insetti per seguire e scoprire partite di droga.
Un’altra strada che si sta battendo è quella di usare le falene per pilotare robot meccanici. Quindi da un lato si sta cercando di copiare il cervello e l’istinto dell’animale dentro ad elaboratori elettronici, dall’altra si perfezionano tecniche per collegare direttamente i cervelli ai robot.
Le ricerche hanno dato dei frutti, così dalle foto che sono uscite dal suo laboratorio, come quella che vedete all’inizio di questo articolo, si vede la testa viva di una falena (e solo quella) appoggiata in un apposito alloggiamento nella parte anteriore di una sorta di automobilina elettrica che si muove guidata dalla falena, collegata ad questa con degli elettrodi.
Kanzaki spiega che per stimolare la testa di falena a spostarsi, rilasciano poco lontano tracce di odore di femmina. Il cervello è in grado di adattarsi al nuovo corpo e di iniziare a guidarlo nel modo appropriato.
Questo tipo di raccapriccianti esperimenti, sempre a detta del professore, sta perfezionando le tecniche con cui si maneggiano i collegamenti nervosi. Tecniche che potrebbero essere usate in futuro, se e quando saranno sufficientemente sviluppati, per risolvere traumi al sistema nervoso e per un interfacciamento diretto di protesi robotiche.
E pensare che metà elle persone che conosco non riescono a guidare la macchina in modo decente.