Dopo avere esaminato nei post precedenti quale risulta essere lo scenario della produzione energetica (post 1) e quali risultano essere le tipologie di impianto “tradizionali” principalmente adottate in Italia (post 2, 3) gli impianti di produzione di energia elettrica “tradizionali” in Italia, in questo post (e nei successivi) l’attenzione verrà focalizzata sulle emissioni inquinanti degli impianti termoelettrici e sugli impianti destinati al loro abbattimento.
EMISSIONI INQUINANTI
Per emissioni inquinanti considereremo in questo post tutte le sostante “indesiderate” frutto della combustione, quali ossidi di zolfo (SO2), ossidi di azoto (NOx), monossido di carbonio (CO), idrocarburi incombusti (HC), particolato.
Non verrà considerata l’anidride carbonica (CO2) tra le sostanze inquinanti in quanto il carbonio della CO2 risulta completamente ossidato e quindi rappresenta il risultato di una combustione ottimale, per quanto poi questa sostanza venga ritenuta responsabile di gravi problemi ambientali.
UN PO’ DI CHIMICA
Un modo semplice di rappresentare un combustibile, è quello di assimilarlo ad una molecola formata da carbonio ed idrogeno (idrocarburo) con rapporti tra i due atomi che possono variare secondo i due pedici n ed m:
Combustibile: CnHm
Ovviamente questa rappresentazione risulta estremamente semplificata ma utile per la trattazione che seguirà.
Il processo di combustione consiste nell’ossidazione del combustibile mediante reazione con l’ossigeno, pertanto si può schematizzare una reazione come segue:
CnHm + pO2 → nCO2 + (m/2)H2O
dove la quantità p (uguale a (n+m/4) per bilanciare la reazione) rappresenta “quanto ossigeno” serve per ossidare il combustibile.
Sostituendo ad n ed m dei valori caratteristici di un combustibile (ad esempio n=1, m=4 per il metano) si ottiene quanto ossigeno risulta necessario:
metano: CH4 + 2O2 → CO2 + 2H2O
Da questa reazione si può comprendere come, in presenza di sufficiente ossigeno (condizioni stechiometriche) e di adeguate condizioni per la combustione, il prodotto ultimo di una combustione (in assenza di sostanze estranee quali zolfo, metalli, ecc.) sia costituito da anidride carbonica e vapore acqueo.
Questa reazione risulta esotermica, cioè rilascia energia sotto forma di calore, calore che nel caso di combustione completa risulta massimizzato.
Nel caso di carenza di ossigeno (condizioni non stechiometriche) la reazione non sarà completa e si avrà come risultato la presenza di idrocarburi incombusti (HC) e di monossido di carbonio (CO), oltre ad una minore energia rilasciata.
Queste due sostanze risultano estremamente tossiche, in quanto capaci di interagire con l’organismo umano ed interferire con alcune funzioni biologiche dello stesso, in particolare la CO, essendo molto reattiva, tende a legarsi all’emoglobina ed interferire con il processo di trasporto dell’ossigeno ad opera dei globuli rossi, portando come primo stadio perdita di conoscenza, e se non si interviene prontamente, può causare la morte dell’individuo esposto.
Le emissioni inquinanti di un impianto termoelettrico, oltre a dipendere strettamente dalle sue caratteristiche tecniche e dalla sua tipologia, dipendono in larga misura anche dal combustibile utilizzato, pertanto nei prossimi post esamineremo separatamente le singole specie inquinanti con riferimento ai vari tipi di impianto e di combustibili.
IMPIANTI TERMOELETTRICI – EMISSIONI
Le emissioni possibili in un impianto termoelettrico risultano essere (trascurando gli idrocarburi incombusti ed il monossido di carbonio, di cui si è brevemente accennato sopra):
- Ossidi di zolfo
- Ossidi di azoto
- Particolato
Gli ossidi di zolfo possono formarsi esclusivamente in presenza di zolfo nel combustibile, pertanto considerando i combustibili tipicamente impiegati in un impianto a Vapore (carbone e l’olio combustibile “pesante”, od emulsioni dello stesso), risulta sempre necessaria un’unità (desolforatore) per l’abbattimento di questi, il cui grado di abbattimento dipenderà dal tenore di zolfo del combustibile, mentre per impianti TurboGas si fa uso di combustibili “leggeri” (olii combustibili desolforati a livelli abbastanza spinti e gas naturale o di sintesi) tale emissione risulta solitamente nulla od estremamente ridotta.
Gli impianti per la desolforazione impiegati sono solitamente di tipo FGD (Flue Gas Desulfurization).
Gli ossidi di azoto si formano in base alla “cinetica chimica”, in quanto l’azoto (che costituisce circa il 70% dell’aria ed estremamente inerte) alle elevate temperature di combustione diventa reattivo e tende a ossidarsi formando NO, NO2 ed NO3 (comunemente chiamati NOx).
Il forte eccesso d’aria impiegato negli impianti TurboGas favorisce tale produzione di ossidi d’azoto, che devono venire abbattuti (se non limitati mediante camere di combustione sofisticate) attraverso opportuni impianti denominati SCR (Selective Catalytic Reduction).
Il particolato è costituito da particelle solide aventi struttura porosa e dimensioni estremamente variabili, originate dalla combustione parziale del combustibile, a causa di scarsa presenza di ossigeno localmente alle particelle di combustibile, dal tipo di combustione (fortemente presente nella combustione diffusiva tipica dei motori Diesel), dal tipo di combustibile (favorita da combustibili solidi o liquidi “pesanti”) oppure dalla presenza di particelle non facilmente combustibili nello stesso (ad esempio metalli).
EFFETTI SULL’AMBIENTE E SULL’UOMO
Senza volere trattare tale argomento dal punto di vista medico, si possono indicare i seguenti effetti principali per le varie emissioni inquinanti:
Ossidi di Zolfo
E’ un inquinante che porta irritazione alle vie respiratorie, edema polmonare ed in casi estremi può portare alla morte dell’individuo, inoltre in presenza di vapore acqueo può condensare ed attaccare diversi materiali tra i quali alcuni metalli.
Ossidi d’Azoto
Questo inquinante è all’origine delle cosidette “piogge acide” in quanto insieme al vapore acqueo può condensarsi sotto forma di acido nitrico e provocare i danni piuttosto noti di questo fenomeno, oltre contribuire (reagendo con l’ossigeno in presenza di radiazione solare) alla formazione di ozono atmosferico.
Particolato
La pericolosità del particolato risiede nell’impossibilità dell’apparato respiratorio di “trattenere” le parti più sottili che possono quindi giungere ai polmoni indisturbate e veicolare al loro interno sostanze tossiche delle quali possono farsi portatrici, ed originare patologie respiratorie anche gravi.