Diciamoci la verità, l’evoluzione dell’industry, sopratutto in un’ottica casual gaming, ha determinato l’esplosione di tipologie non ancora del tutto esplorate con le precedenti generazioni di console.
Il rovescio della medaglia è la scomparsa (sic!) quasi completa di generi che invece hanno dominato la scena degli anni ’80 e ’90 e divertito milioni di giocatori dell’epoca.
Sui beat’em up ci siamo già soffermati sia con un’analisi complessiva sia menzionando qualche capolavoro 2D (Streets of Rage e Killer Instinct).
Non faremo una rassegna dei più importanti titoli (e la conserviamo per una puntata futura) ma nell’appuntamento settimanale di oggi il centro dell’attenzione sarà rivolto al videogioco che forse ha influenzato più di ogni altro gli sparatutto successivi.
Trattenete le lacrime perché stiamo per addentrarci nel mondo di Raiden!
Chi ha infilato qualche gettone o moneta da 100/200/500 lire all’interno di un cabinato si ricorda perfettamente quali fossero i nomi più in voga dentro le sale giochi o nei bar che disponevano di coin-op.
Un gioco di sport, il picchiaduro del momento, il platform alla Bubble Bobble e poteva forse mancare uno shoot’em up?
E se anche il titolo fosse difficile da rimembrare il duo rappresentato dall’astronave rossa e blu è perfettamente riconoscibile.
Bene, appassionati smemorati, questo è Raiden.
Sviluppato dalla Seibu Kaihatsu Inc., comparve nel 1990 inizialmente come arcade ed esclusivamente in Giappone.
Il successo immediato costrinse però il publisher Taito (software house il cui nome è legato alla maggiorparte degli sparatutto più venduti dell’epoca) ad allargare i propri orizzonti e spingersi nei mercati statunitensi ed europei, raggiungendo lo stesso incredibile consenso.
I porting si sprecarono e toccarono praticamente tutte le piattaforme più o meno diffuse, tra cui NEC PC Engine, FM Towns/Marty, Atari Lynx, Sega Megadrive e Super Famicom con la variante Raiden Densetsu.
Gli stessi possessori dell’Amiga non possono averlo dimenticato.
La storia è piuttosto semplice. Nel 2090 una razza aliena decide che non c’è modo migliore per passare il tempo se non quello di attaccare la Terra (che già ha abbastanza grane per i fatti suoi).
Per contrastare l’invasione viene messa a punto una nuova arma chiamata Raiden Supersonic Attack Fighter, un nuovo tipo di velivolo basato su tecnologia extraterrestre.
Dopo il più classico dei sorteggi truccati, la decisione unanime è che il pilota della missione suicida sia proprio tu, utente dotato di joypad e (speriamo) buona dose di riflessi.
La prospettiva però diventa un po’ più rosea quando l’utente scopre di avere a disposizione due tipologie di armamenti ciascuno incrementabile, per un massimo di otto livelli, attraverso una un sistema di powerup; contemporaneamente ci si può avvalere anche di un’arma secondaria.
E nel caso la situazione diventi ingestibile c’è la classica bomba totale “azzera-schermo”.
Una meccanica dunque estremamente facile e lineare, ma nella sua semplicità così dannatamente divertente. Non è un caso che, seppur evolvendo questi concetti, praticamente tutti gli sparatutto, sia verticali (come Raiden) che orizzontali, traggano ispirazione proprio dal gioco della Seibu Kaihatsu.
Come Thunder Force, il primo capitolo è stato solo l’inizio di una saga che sembra difficile a morire.
Raiden II nel 1993, Raiden DX nel 1994, The Raiden Project su PSX, Atari Jaguar e PSP, nonché spin-off quali Raiden Fighters.
Una saga recentemente rinverdita con il terzo episodio ufficiale (2005) ed il quarto (2007) e difficile a morire perché in fondo i concept più semplici sono anche i più divertenti come dimostra il successo delle console Nintendo di ultima generazione.