Un nuovo studio, è giunto alla finora quasi inedita conclusione secondo cui la “pirateria” favorisce il terrorismo. Chi come me, fosse rimasto fermo all’equazione pirateria=criminalità organizzata, dovrà aggiornarsi, e all’occorrenza – qualora appartenga alla categoria incriminata – attrezzarsi di passamontagna, o eventualmente turbante, e taglierino.
Fin dal termine “pirateria”, che equipara la violazione del diritto d’autore a reati che implicano violenza e assassinio, il lavoro delle lobby che combattono la duplicazione illecita, verte alla criminalizzazione del fenomeno.
Una criminalizzazione, coi dovuti distinguo, corretta, ma svolta con mezzi subdoli, che gonfiano e decontestualizzano ad arte, per influenzare tanto la percezione comune, quanto decision maker spesso incompetenti quanto, e non collateralmente, l’opinione dei media. Esattamente in questa direzione, nella sua volontaria e pilotata parzialità, opera questa ricerca.
Nei contenuti, lo studio ricalca un paradigma già noto: la duplicazione illecita è uno dei mezzi di sostentamento della criminalità, e in quanto tale, può arricchire anche organizzazioni che alle finalità delle mafie, aggiungano quelle dei terroristi (lo studio si dilunga in queste definizioni).
Passiamo comunque oltre, ma di nuovo ci scontriamo col termine “pirateria” che, già di per sé inadeguato a descrivere la violazione del diritto d’autore, copre uno spettro vastissimo di fattispecie – tra cui molte rimaste per anni nella legalità, come la copia per uso personale, definitivamente sigillata nel mondo criminale in seguito alla pressione dei soliti lobbisti.
Ecco che dunque – ed è probabilmente questo il risultato che simili “studi” cercano – confidando sull’approssimazione che tradizionalmente accompagna i media generalisti, particolarmente quando si occupano di tecnologia, ci vedremo forse raccontare dal TG di turno, che scaricare un film via Internet renda complici di azioni terroristiche e che quindi chi viola il diritto d’autore, col taglio d’ascia a cui la TV ci ha abituati, sia un supporter del terrorismo.
A parte questo interessante corollario, lo studio sciorina una serie di ovvietà e le altrettanto già sentite soluzioni al problema: combattere la duplicazione illecita modificando la legge, rafforzando il monitoraggio, inasprendo le pene, addirittura consentendo l’estradizione per chi pratica “pirateria” su larga scala. D’altronde, quale politico, all’indomani di un attentato, vorrebbe sentirsi ricordare che se avesse approvato quel provvedimento sulla pirateria audiovisiva, invece di fare tanto lo schizzinoso sui diritti dei consumatori…?
Inutile dire che nel corpo dell’opera, l’analisi di casi concreti in cui organizzazioni definite terroristiche, siano sospette di essersi avvalse del finanziamento proveniente da opere audiovisive “piratate”, occupa una quota minoritaria.
La gran parte del paper, sviluppa invece, in modo quasi sillogistico, la tesi secondo cui “pirateria” è uguale a criminalità organizzata, la quale non è poi così diversa dal terrorismo, concludendo che dunque la “pirateria” è molto vicina al terrorismo.
Volendo proseguire il sillogismo, potremmo però giungere domandarci: quanto la duplicazione illecita è propulsa dall’irragionevole resistenza che le major oppongono e hanno storicamente opposto in tribunale, alle conseguenze del mutato scenario distributivo? Ne discenderebbero, credo, conclusioni interessanti. Magari idiote – come sovente lo sono quelle che derivano dai sillogismi – ma interessanti.
PS Per chi non l’avesse ancora indovinato, questo autorevolissimo studio è finanziato dalla MPA.