Dopo aver inviato la prima sonda sulla Luna, l’uomo ha intrapreso centinaia di missioni spaziali, molte delle quali hanno raggiunto i limiti del Sistema Solare.
Uno dei più grandi limiti che dobbiamo affrontare quando si tratta di organizzare una missione spaziale è, come ormai succede anche sulla Terra, il carburante.
Attualmente il 95% del peso di una navetta spaziale è costituito dal carburante, sempre di origine chimica.Le agenzia spaziali internazionali, e diverse compagnie private, sognano di risolvere questo problema e di limitare la “zavorra” del serbatoio.
Ci sono state diverse proposte per realizzare questo sogno, e quella che personalmente ritengo la più affascinante e per certi aspetti anche la più realizzabile sia quella delle cosiddette “vele solari“.
Circa 400 anni fa l’astronomo tedesco Johannes Kepler osservò che le code delle comete sembravano essere influenzate da una sorta di vento solare. Questo lo portò ha pensare che se tale vento funzionava per le comete, avrebbe dovuto funzionare anche per un’eventuale vela.
Il vento solare, effettivamente, come suggeriva Keplero, esiste, ma non può essere in alcun modo sfruttato da una vela. Ciò nonostante, la ricerca porta sempre a delle sorprese, e nel 1873 il fisico James Clerk Maxwell scoprì che la luce esercita una certa pressione su una superficie riflettente, grazie ai fotoni che rimbalzano su tale superficie. Ed è proprio questo fenomeno che la NASA , la Planetary Society e altre agenzie vogliono sfruttare per poter navigare nello spazio .
In pratica, per poter salpare sono necessari tre ingredienti:
- La forza continuata della luce solare
- Uno specchio ultrasottile e molto vasto
- Un mezzo di lancio separato dalla navetta a vela
Ad 1 Unità Astronomica di distanza dal Sole (un’Unità Astronomica è definita come la distanza Terra-Sole, 150milioni di kilometri) la luce solare può produrre fino a 1.4 KW di potenza.
A questa potenza corrispondono 3.5 N (newton)/ Km2 di forza. Da questo numero microscopico si capisce perché è necessario avere vele leggerissime e di grandissime dimensioni… basti pensare che la forza esercitata dal motore per far decollare un razzo è circa 1,7 milioni di newton! Però, approfittando dell’assenza di attrito nello spazio, la potenza del sole erogata in modo continuo e costante, può permettere a una navicella di spostarsi nello spazio vuoto interplanetario senza utilizzare altre fonti energetiche.
Questo mezzo di propulsione è stato testato per la prima volta nel 1974, quando la navetta Mariner 10, in missione attorno a Mercurio, ha avuto un problema ed esaurito il carburante prima del previsto. A causa della vicinanza con il sole, la pressione della luce solare era abbastanza elevata da permettere di utilizzare i pannelli solari montati sulla navetta per poterne ristabilizzare l’orbita. Incredibilmente, quest’idea ha funzionato!
Ci sono stati diversi tentativi di costruire navette alimentate a vela, da parte della NASA, delle agenzie russe e giapponesi e diverse agenzie private.
Purtroppo al momento non ci sono stati esempi di successo, anche se l’esperienza giapponese nel 2004 ha posto un importante punto di partenza per stendere le vele, operazione estremamente complicata, a causa delle dimensioni e della delicatezza delle stesse.
La società che più si è impegnata in questo frangente è la Planetary Society , che progetta di sperimentare una nuova missione nei prossimi anni, col nome di Cosmos 2.
Anche la NASA, dopo il fallimento di NanoSail-D nel 2008, ha dei progetti a riguardo, e si spera in un volo di prova nel 2010.
Attualmente i risultati non sono molto incoraggianti, ma credo che il fascino e l’ultilità di questo studio valgano l’attesa, e speriamo che presto si ottengano buone notizie su questo argomento!