Secondo alcuni psicologi, un’eccessiva discussione e rielaborazione in contesto amicale dei propri problemi personali – definita co-rumination – può incoraggiare la depressione.
A questa teoria si affianca un recente studio condotto da Joanne Davilla e Lisa Starr della Stony Brook University, condotto su circa 80 ragazze di circa 13 anni d’età, che ha evidenziato come l’uso massiccio delle nuove tecnologie di comunicazione agevoli i processi deleteri innescati dalla co-rumination.
Il riflesso che questo studio ha su alcuni media britannici, porta tuttavia il marchio dell’incompetenza con cui spessissimo la stampa generalista approccia i problemi tecnologici. Vediamo perché.
Su quotidiani inglesi di qualche fama, troviamo infatti titoli come “Why chatting too long on Facebook can get a girl down” o “Excessive chatting on Facebook can lead to depression in teenage girls”, come se le funzionalità di Facebook si riducessero all’instant messaging, come se l’IM lo avesse inventato Facebook e non appartenesse invece agli albori del Web.
Il motivo di questa conveniente mistificazione è molto semplice: Facebook è il mantra del momento, attira traffico e interesse, magari da parte di genitori che non vedono l’ora di trovare una soluzione semplice a problemi che semplici non sono.