Oggi allo IAB Forum 2007, evento dedicato al web e all’advertising online (ma non solo) la conferenza di apertura mattutina è stata caratterizzata dall’intervento, da Porretta Terme, del Ministro delle Comunicazioni Paolo Gentiloni.
L’intervista è stata condotta dal noto e bravo caporedattore di Nova 24 Luca de Biase. Le domande sono state tante ed interessanti, spaziando da Wi-Max ad altre contraddizioni nostrane.
Riguardo al problema del copyright e della net neutrality, due esigenze entrabe meritevoli di tutela ma allo stesso tempo difficili da conciliare, il Ministro ha affermato di voler seguire una strada diversa rispetto a quella del precedente esecutivo che, col noto “Decreto Urbani”, scelse la “linea dura”, cioè tentò di reprimere le condotte illecite online, come la pirateria, con strumenti legislativi molto forti. Ricordo, ad esempio, l’attribuzione agli ISP del ruolo di “occhiuto” osservatore del traffico internet del propri clienti, con sapori sgradevolmente delatori. La strada diversa proposta dal Ministro è, essenzialmente, di ridotto intervento statale e di incoraggiamento verso diverse politiche da parte di chi si lamente di subire danni dalla pirateria. Il Ministro ha, ad esempio, incoraggiato la diffusione multicanale di contenuti musicali, a prezzi ovviamente concorrenziali, come primo passo verso la riduzione della pirateria.
Riguardo, invece, il grande problema Italiano, cioè la pessima connettività che lascia interi centri urbani e comunità rurali completamente scollegati (a questo proposito, leggete l’esperienza abruzzese di Adso da Melk), il Ministro ha detto moltissime cose ragionevoli e condivisibili ma ho come avuto l’impressione che nel complesso il tutto si limiti a parole. Sia inteso, non cè certo colpa del Ministro, ma piuttosto di un sistema che negli anni si è consolidato in una certa direzione e che ora è difficile spostare.
Molto positiva, infine, la constatazione del Ministro secondo cui Internet dovrà a breve essere considerato, anche se per me lo è già, un servizio universale con conseguente diritto all’accesso. Tale “salto di qualità” sarebbe decisivo nella risoluzione del problema del digital divide in molte aree del paese. Oggi se manca il telefono in un paese rurale Telecom ha l’obbligo di portare il cavo, anche se economicamente non conveniente. Lo stesso obbligo non c’è per l’ADSL, ma se Internet fosse un diritto lo diventerebbe.
Personalmente ritengo che la situazione italiana riguardo la connettività e, più in generale, la conoscenza e dimestichezza nell’uso del mezzo internet sia a livelli tremendamente bassi. Come ho già detto in un mio precedente post, anche le nuove generazioni (che indubbiamente usano più internet rispetto agli adulti) hanno mediamente una conoscenza solo superficiale e “consumer” del web. Cosa fare dunque? Non esiste, come non esiste per tutti i problemi complessi, una “panacea” che risolve tutti i mali, piuttosto sono tanti grossi tasselli che vanno inseriti. Dico grossi tasselli perchè secondo me le tante cose che occorre cambiare sono davvero grosse, ritengo serva, ad esempio, una “rivoluzione culturale” che muti l’approccio con cui la gente pensa ad internet, ne capisca il ruolo ormai fondamentale per quasi tutte le attività professionali e moltissime attività personali. Se tutta la popolazione lo capisse avremmo consumatori più consapevoli, investitori più disposti a spendere, imprenditori più consapevoli e così via.
Ce la faremo?