L’azienda che in questo piovoso venerdì ci prepariamo ad approcciare merita un posto d’onore nella memoria del nostalgico informatico, per aver creato dei sistemi da sogno, che per qualche anno hanno lasciato l’intera industria con la certezza di essere molti anni indietro.
Per inciso, essere anni avanti è un merito solo parziale perché le buone idee bisogna poi eseguirle e, come diceva Ford, l’innovazione deve essere disponibile a tutti. In quest’ottica la seconda azienda fondata da Jobs rappresenta il preludio commercialmente fallimentare, di un grande progetto che sarebbe poi divenuto Mac OS X.
Vi invito dunque a mettervi comodi, preparare una tazza di caffè e, se fumate, accenderne una: è venerdì e non c’è momento migliore per parlare di NeXT, azienda produttrice del computer con cui un certo Tim Berners-Lee ha creato il World Wide Web e un certo John Carmack ha programmato i suoi primi, epici titoli, Doom e Wolfenstein 3D.
Nel 1985 in Apple non tirava una buona aria per Jobs, il quale, al ritorno da un viaggio d’affari nell’est europeo, avrebbe trovato la sua scrivania spostata ai margini dell’azienda da lui fondata. La pugnalata alle spalle portava la firma di John Sculley, che organizzò un “colpo di stato”, complice il board, per ristrutturare l’offerta di Apple e far fuori l’ingombrante personalità di Jobs.
Il quale non resistette a lungo nel ruolo di soprammobile cui era stato relegato e, assieme a un manipolo di fedelissimi, lasciò la Apple per dedicarsi a un progetto nuovo: per l’appunto NeXT.
Il posizionamento dei sistemi NeXT merita un paragrafo a parte: dopo l’iniziale generica intenzione di rivolgersi alla fascia alta del mercato educational, Jobs aveva individuato nel segmento workstation alcuni trend interessanti. Innanzitutto il fatto che in quel mercato, allora dominato dai sistemi SUN, non vi era ancora alcun interesse per l’interfaccia grafica e l’idea di semplicità d’uso, che rimaneva appannaggio di Mac e PC. In secondo luogo un allargamento del mercato workstation oltre i limiti dell’ingegneria e della ricerca scientifica, verso un’utenza di professionisti, di certo meno avvezzi alla riga di comando.
Il ruolo di NeXT era dunque quello di catturare questi trend con un prodotto di fascia alta, prima che questa nuova clientele venisse intercettata dalla vulcanica evoluzione dei personal computer – cosa che, in ragione della innegabile convenienza economica, puntualmente avvenne, a danno dell’intero segmento workstation.
La “reason why” di NeXT era dunque abbinare la potenza di una workstation alla facilità d’uso di un personal: obiettivo che possiamo dichiarare fin d’ora pienamente raggiunto.
Arriviamo dunque il primo sistema: il famoso NeXT Computer (poi Cube), equipaggiato con CPU 68030 a 25Mhz con FPU 68882 di serie, 8 Mbyte espandibili a 16 di RAM, video monocromatico con risoluzione 1120×832, disco magneto-ottico da 256MB, in opzione hard disk con capacità di 330 o 660MB e lettore CD-ROM. Dimenticavo: modem ed ethernet di serie e supporto nativo al protocollo TCP/IP nell’OS, NeXTStep.
Non mi dilungherei tanto sulle caratteristiche tecniche se non stessimo parlando di un sistema uscito nel 1988: quando 8088 e 8086 con CGA dominavano il mercato, per il 286 servivano un bel po’ di rate e il 386 con VGA era roba da ricchi.
I modelli che seguirono, ferma restando la cura maniacale per il design, abbandonarono il classico form factor “cubico” (che a Jobs non sembra aver portato molta fortuna), per divenire più compatti ma meno espandibili.
È il caso della NeXTStation (1989) e della successiva Color Station, equipaggiata con display a colori. Fra i cambiamenti più significativi di NeXTStation va menzionato l’abbandono della innovativa unità magneto-ottica, a favore di un più collaudato e performante hard disk.
Comune a tutta la famiglia di prodotti NeXT è NeXTStep, un sistema operativo rivoluzionario che sopravvisse alla dismissione del reparto hardware, per divenire il core business della NeXT di seconda generazione. NeXTStep era un OS completamente object-oriented basato su Unix, dotato di gestione WYSIWYG dello schermo grazie al motore grafico PostScript, il multitasking nativo e una serie di tool di sviluppo completamente object-oriented che ne fecero ua vera rivoluzione.
Tim Berners-Lee ricorda il suo NeXT in termini entusiastici, e continua a ritenerlo l’unica piattaforma che al tempo gli forniva strumenti sufficienti per portare a termine l’ambizioso progetto di creazione del Web. Tra l’altro fu proprio il suo NeXT Computer il primo webserver che la rete abbia conosciuto.
Uscita dal ramo hardware, NeXT portò il proprio OS su piattaforma x86, SPARC, PA-RISC – con un approccio al mercato che somiglia molto di più a quello di Windows che non a quello storico e attuale di Mac OS – senza mai riuscire ad impensierire i leader di settore.
Finché nel 1996, una Apple incapace di sviluppare un sostituto dell’ormai obsoleto OS9, dopo aver valutato le alternative BeOS e WindowsNT, acquisì NeXT e reintegrò nell’organico Steve Jobs. Il quale, zitto zitto, continuò a sviluppare il discendente diretto di NeXT, OS X, anche per x86. Il resto, come si dice, è storia recente.