Dopo anni di pirateria incontrollata, gli utenti si abituano. È quanto sembra emergere leggendo le reazioni indignate che si sono scatenate sulla “rete cinese” – una versione in scala di Internet che sta alla vera rete come il Corriere dei piccoli sta alla Treccani – agli effetti del WGA sul proprio sistema.
A leggerli con gli occhi disincantati di un decadente occidentale, i suddetti pareri, riportati da The Inquirer, suscitano un sorriso malinconico: “Microsoft non ha il diritto di controllare il mio hardware senza il mio consenso” oppure “Se l’originale costasse meno della copia chi prenderebbe più la copia?”. Io no di certo.
Non manca il parere qualificato di un legale del posto, che ha definito Microsoft “il più grande hacker della Cina”, suggerendole nel contempo di scegliere l’obiettivo giusto per le proprie campagne: “i distributori, non i clienti finali”.
Sarà per colpa del WGA che Microsoft dovrà cedere il mercato cinese a Linux? Lo scopriremo presto.
Intanto suscita interesse il clamore che la questione ha ottenuto sui media occidentali. Servirà la Cina per ricordare all’opinione pubblica occidentale i risvolti delle policy di Microsoft contro la pirateria?