Siamo ormai abituati ad assistere a nuovi social network che vanno a coprire i settori più disparati, spesso trasformandosi in clamorose forzature che non incontrano il favore del pubblico.
Di recente ho scoperto Ammado , una community che mi ha colpito molto positivamente. L’obiettivo è quello di aggregare società socialmente impegnate, noprofit e privati per interagire e sviluppare iniziative sociali.
Trovo il progetto molto interessante soprattutto perché ben sviluppato. L’idea è quella di collegare con legami forti i soggetti già socialmente attivi, sia che siano individui sia che siano associazioni, in modo che questi possano organizzare iniziative benefiche in modo più rapido ed efficiente.
La vera forza di Ammado sta però nella capacità di coinvolgere soggetti esterni alla community, facendo loro scoprire la bontà di un progetto e collegandoli direttamente con i soggetti promotori.
L’approccio ricorda, per certi versi, quello di Kiva e di altri siti di social lending, grazie ai quali è possibile prestare (o donare) denaro a individui o società specifiche, che si può scoprire visitando il loro profilo, guardando loro foto e video, ecc.
Si crea dunque un rapporto “P2P” tra chi fa del bene e chi riceve questa liberalità, a differenza di quanto accade offline, dovendosi sempre affidare ad un ente “terzo” che spesso consuma gran parte dei fondi raccolti per mantenersi, piuttosto che aiutare i bisognosi.
Ammado, Kiva ed altri siti sono quindi la dimostrazione che i principi collaborativi e partecipativi alla base del Web 2.0 trovano applicazione, oltre che nell’Enterprise, nella formazione, ecc. anche nel sociale.