Quest’anno ho trascorso delle belle ferie, tre settimane in Sicilia girandola quasi tutta. Come molti di voi anch’io sono stato contagiato dalla febbre del navigatore, complici anche i prezzi sempre più abbordabili che questi dispositivi hanno.
Ritengo che la navigazione GPS ad uso consumer sia una buona cosa, se vogliamo possiamo anche chiamarla “moda”, ma è indubbio che porta indiscutibilmente con sé svantaggi e vantaggi, e che i secondi sono superiori ai primi.
Tra gli svantaggi posso sicuramente citare il fattore distrazione, che porta a guardare troppo spesso lo schermo a scapito della strada (anche perché le indicazioni sonore possono migliorare ma fino a un certo punto: nello stretto un’occhiata allo schermo è obbligatoria) e il fattore sicurezza di sé, che ci rende l’occhio meno critico ai segnali che normalmente coglieremmo quando imbocchiamo un bivio dubbio. “Tanto mi guida lui, lo saprà ben dove mi porta!”
Il vantaggio, di contro, è PROPRIO che qualsiasi strada prendiamo, lui (o lei) ci porterà a destinazione, cocciuto ed ostinato come un mulo, oppure che nei casi più fortunati (o costosi, dipende dai punti di vista) è in grado di farci evitare un imbottigliamento in autostrada, o che conosce il ristorante o il parcheggio più vicino. Ma perché il navigatore dovrebbe partecipare a quella che chiamo ”ridistribuzione della ricchezza”?
È presto detto: durante la vacanza per andare da un punto abbastanza noto – l’Etna – ad un altro punto abbastanza noto sulla costa mi ha proposto una strada, che io ho prontamente imboccato. Transitando obbligatoriamente per un paesino ho deciso di fare una sosta e ripartendo ho imboccato una via proposta da un cartello stradale. A quel punto il navigatore ha ricalcolato l’itinerario e, complice una cartografia non proprio recentissima, mi ha fatto passare per alcune strade molto poco battute, ma bellissime. La stessa cosa so che capita ai miei amici: il navigatore li fa transitare per strade che non conoscevano, perché più corte ma a frequentazione minore. E veniamo al dunque: se io sono così fortunato da avere abbastanza soldi per comprarmi una casa in Sicilia, è possibile che la scelga in una zona molto bella ma poco conosciuta come una stradina che il navigatore mi ha fatto percorrere “sbagliando”? Sicuramente si.
E se io cittadino a forza di passare su una di queste strade secondarie, poniamo molto degradata, rovino una sospensione per i troppi buchi dell’asfalto, andrò a lamentarmi con l’amministrazione comunale per far sì che la riasfaltino, invece di foderare per l’ennesima volta il corso principale del centro? Si.
E se nella strada Tizio, che prima dell’avvento dei navigatori GPS riceveva tremila macchine al mese ora ne passano trentamila, è plausibile che il benzinaio di questa strada almeno raddoppi le sue entrate, se non di più? Ancora una volta, si.
Sono solo alcuni esempi che mi sono venuti in mente, ma credo che il concetto sia chiaro: da quando ci sono i navigatori il traffico si può distribuire su più strade diverse e non sempre principali, perché tutte le strade portano a destinazione. D’altronde le cartografie non sono molte, e il processo di calcolo dei percorsi è analogo in tutti i software, mentre il numero di navigatori tende a crescere rapidamente.
Maggiori sono le “rotte” percorse dalle persone in macchina, maggiori sono i punti in cui i loro soldi o i loro sforzi per far confluire soldi possono andare a finire, invece di concentrarsi sulle arterie principali.
Cosa ne pensate?