All’ottavo posto tra i produttori mondiali di plastica derivante dal petrolio, il Brasile sceglie di affiancare ad essa una variante organica, basata sulla trasformazione della canna da zucchero.
Perché, dunque, rassegnarsi alla ricorrente immagine di impianti industriali che vomitano il loro fumo ai margini delle città? La Dow Chemicals e la Braskem, infatti, garantiscono di avere sviluppato il processo di sintesi del polietilene a partire dalla canna da zucchero. Le aree industriali si trasformerebbero in delle estese e rigogliose piantagioni, riducendo le emissioni di gas nocivi per l’effetto serra e dando un contributo energetico in grado di illuminare una città di circa 500,000 abitanti.
Nel progetto della Dow, il processo di sintesi implica la fermentazione della canna da zucchero, che, trasformata in etanolo, viene successivamente riscaldata fino a raggiungere lo stato gassoso. Questo gas viene sottoposto alla polimerizzazione, cioè alla reazione chimica che crea la comune plastica. I residui della canna da zucchero, bagasse, vengono bruciati e utilizzati come fonte di energia per l’impianto industriale e generano un surplus da canalizzare nelle città circostanti.
L’etanolo, ottenuto in Brasile, dove già viene usato come carburante per le automobili, ha un prezzo di due volte inferiore di quello dello stesso materiale realizzato in Europa. E’ il fattore economico ad agire come elemento propulsore del progetto: il prezzo di un barile di etanolo, elemento basilare nella produzione della plastica verde, si aggira sui 70 dollari, mentre quello di un barile di petrolio attualmente gravita sui 135.
Secondo le stime elaborate dalla Dow, se anche il costo del petrolio dovesse assestarsi intorno ai 45 dollari al barile, la plastica derivata dalla canna da zucchero potrebbe ritagliarsi un ruolo di mercato competitivo. Dow progetta di aprire il primo impianto di produzione nel 2011, mentre la Braskem già dal 2010.