Greenpeace in un comunicato stampa (accompagnato dal video qui sopra, ripreso da una campagna britannica contro il nulcleare) porta un piano nuclearista dell’ENEL, la nostra azienda energetica parastatale, che si presume avrà un ruolo da protagonista nell’eventuale rilancio del nucleare italiano, di cui si parla tanto dall’insediamento dell’ultimo Governo.
L’ENEL ha investito 1,9 miliardi di euro, per l’acquisto e il completamento di due reattori nucleari sovietici di seconda generazione, in Slovacchia. Tra le caratteristiche di questi impianti è l’assenza del sarcofago di contenimento, ovvero una robusta e pesante struttura di cemento armato che racchiude il reattore, capace di resistere ad attacchi militari e terroristici, ad eventi sismici e naturali in genere e alla fusione del nocciolo.
Il tristemente famoso disastro di Chernobyl, che ebbe proporzioni planetarie e che ancora grava con pesanti conseguenze sulla salute dell’ambiente e della popolazione circostante, avvenne per un banale incidente durante un esperimento. Una prova tecnica che avrebbe avuto conseguenze minime, rispetto a quanto successo, se avesse avuto una struttura di contenimento.
Tale investimento non fa ben sperare sulla serietà con cui verrà gestito l’improbabile futuro del nucleare italiano (scrivo improbabile perché tanto non si farà mai), ma fortunatamente ci sono degli strascichi di protesta all’assemblea degli azionisti, da parte di una parte degli azionisti stessi. Si tratterebbe del primo caso in Italia di azionariato critico. Di seguito un estratto del comunicato stampa.
Banca Etica, Greenpeace e CRBM hanno dato inizio alla prima attività in Italia di “azionariato critico”, il cui scopo è duplice. Da una parte portare le campagne di denuncia delle Organizzazioni Non Governative all’attenzione di azionisti, investitori istituzionali e vertici dei grandi gruppi industriali. Dall’altra lanciare anche in Italia un meccanismo di democrazia economica, che favorisca la partecipazione degli azionisti alla vita dell’impresa.
La decisione di intervenire all’assemblea di Enel è avvenuta su proposta di Greenpeace e CRBM, che da tempo hanno avviato campagne di critica alle scelte del Gruppo. Già oggi Enel è il primo killer del clima in Italia con l’emissione di 56,2 milioni di tonnellate (Mt) di CO2 nel 2005, quasi un decimo delle emissioni totali italiane in quell’anno.
Vista la gravità dei cambiamenti climatici, la strategia di ENEL dovrebbe essere volta a ridurre le emissioni di gas serra, invece è tutto il contrario: la maggior parte degli investimenti rimane bloccata su fonti fossili tradizionali e nucleare, solo il 18% alle rinnovabili.
Le tre organizzazioni chiedono a Enel di rinunciare ai progetti di Mochovce in Slovacchia e HidroAysèn in Patagonia, e di spostare i propri investimenti dai combustibili fossili alle energie rinnovabili per contribuire a diminuire la dipendenza dell’Italia dall’estero e arginare il fenomeno dei cambiamenti climatici.
In questo blog il nucleare è stato trattato più volte, suscitando l’interesse di molti lettori, e non sono mancate discussioni molto interessanti nate negli spazi per i commenti. Chi non capita qui per la prima volta già conosce la mia posizione antinuclearista.
Quando però si apprendono certe notizie non ci si può più nemmeno confrontare su questioni ambientaliste o tecniche.
Alla luce dei fatti dobbiamo prima di tutto domandarci chi sarà a capo del rilancio del nucleare e come questo verrà gestito. Con una classe dirigente che di certo non ha la correttezza e la trasparenza tra i propri pregi e l’industria energetica che rispolvera centrali vecchie di trent’anni per battere cassa in fretta, personalmente non sono tranquillo.
Lo scrissi nei commenti di qualche altro post di questo blog e torno a ribadirlo qui. Tra raccomandazioni, serbatoi di voti, mafie e clientelismo siamo riusciti a trasformare la gestione di normali rifiuti inermi in un emergenza ecologica e sanitaria. Alla luce di questo, l’Italia può permettersi una responsabilità tanto grande come il nucleare? Il mio parere immagino l’abbiate intuito.
via | ecoblog