Anche quest’oggi proseguiamo con la serie sul volo supersonico, spostandoci però temporalmente negli anni ’80 ed andando a parlare di un aereo che in realtà, supersonico non è, ma per la sfida tecnologica che ha rappresentato merita a pieno titolo di entrare a fare parte di questa rassegna (con un titolo che si discosta da quelli del resto della serie, ma che può venire sottotitolato “Volo supersonico tra interessi militari e civili – dagli Anni ’80 ai tempi moderni – 1a parte”), e da questi spostarci con le prossime puntate fino ai giorni nostri, in un’ultima carrellata riguardante gli aerei per certi versi più significativi di questo periodo, così come fatto fino a questo momento.
Poiché idealmente è stato seguito un filo conduttore cronologico, anche all’interno di questo ampio periodo di tempo, cercheremo di mantenere il più possibile tale criterio.
UN INVISIBILE E “SENZA SPERANZA” DIAMANTE VOLANTE
L’esperienza sul campo di battaglia maturata negli anni ’70 da parte degli USA evidenziava come, davanti al continuo miglioramento dei sistemi di rilevazione e contraerea, l’aeronautica stava trasformandosi in uno strumento offensivo sempre più vulnerabile, al punto che anche gli studi compiuti su un’ipotetico scontro tra USA ed URSS evidenziavano che, nonostante la superiorità militare dei primi, le forze aeree avrebbero dovuto sostenere una decimazione in breve tempo a causa dell’imponente apparato missilistico Sovietico.
A questo punto la Difesa Statunitense cercò di affrontare il problema commissionando uno studio, denominato XST (eXperimental Survival Testbed) alle principali aziende aeronautiche USA, sulla possibilità di definire la traccia minima rilevabile dai radar e studiare se era possibile sviluppare un velivolo al di sotto di tale soglia.
La aziende partecipanti a questo progetto furono le ben note McDonnell Douglas, General Dynamics, Northrop, Fairchild e Grumman, stranamente senza la presenza della Lockheed, ideatrice di tutta una serie di aerei piuttosto particolari (e che in parte abbiamo già visto) e che già aveva lavorato parecchio sulla riduzione della traccia radar dei velivoli con i velivoli della “famiglia Blackbird“.
Le motivazioni all’origine di questa esclusione andava ricercata nella crisi e negli scandali che stavano coinvolgendo l’azienda in varie parti del mondo, compresa l’Italia, noto come “Scandalo Lockheed“, ma nonostante tutto fu proprio quest’ultima azienda, coinvolta solo in un secondo momento, a fornire le risposte che la Difesa USA voleva, ed ancora una volta furono i celebri Skunk Works i protagonisti della scena.
Di tutte le aziende coinvolte (prima della Lockheed) solo due furono in grado di presentare risposte convincenti, la McDonnell Douglas e la Northrop, alle quali si aggiunse la Lockheed come precedentemente detto, e queste tre aziende passarono alla seconda fase, consistente nella realizzazione di un progetto di velivolo in grado di volare.
In questa fase si assistette alla rinuncia da parte di McDonnell Douglas, lasciando così il campo libero alla Northrop ed alla Lockheed, la cui competizione in questo progetto portò risultati interessanti per entrambe.
Questa seconda fase era di fatto suddivisa in due parti, una prima dedicata alla realizzazione di un modello in scala naturale sul quale effettuare le misurazioni della traccia radar, e la seconda riguardante il velivolo vero e proprio, sul quale effettuare i test in volo.
Le problematiche affrontate dai due contendenti avevano portato la Lockheed (con un progetto denominato Have Blue) allo sviluppo di un velivolo caratterizzato dalla forma di un diamante, con facce spigolose e di un aspetto che ispirava di tutto, ma di sicuro non fiducia nelle sue capacità di volare, ma nonostante ciò, grazie anche alla tecnologia di controllo allora disponibile, fu possibile sviluppare un sistema automatico in grado di gestire le poche superfici mobili dell’aereo in modo da mantenere sempre un assetto adeguato al volo, assetto che, in assenza di tali sistemi automatici, non sarebbe stato assolutamente possibile.
Per tale motivo venne da molti ribattezzato, prima che fosse in grado di volare, “Hopeless Diamond – Diamante senza Speranza“, a riprova dello scetticismo (o forse della scaramanzia) dei tecnici che lo stavano sviluppando (a tale riguardo è nota una scommessa tra lo storico progettista ed ex capo degli Skunk Works, oramai ritiratosi, Clarence “Kelly” Johnson e l’allora capo degli stessi uffici Ben Rich, riguardo la reale traccia radio dell’aereo e sulla successiva possibilità che fosse in grado di volare… scommessa persa da Johnson).
La necessità di un sistema automatico di gestione dell’assetto rese inutile l’adozione di un sistema di backup manuale dei sistemi di controllo di volo, dal momento che nessun pilota sarebbe stato in grado di governarlo, optando per una ridondanza quadrupla dei sistemi elettronici.
Per quanto riguarda la Northrop, nonostante fosse stata sconfitta nella competizione per quello che sarebbe stato l’aereo Stealth di riferimento per il futuro, essa si vide coinvolta, grazie alla bontà delle soluzioni presentate, in un nuovo progetto che portò successivamente alla nascita di un famoso bombardiere Stealth, del quale parleremo in un successivo post.
IL DIAMANTE DIMOSTRA LE SUE POTENZIALITA’ – LOCKHEED F-117
L’esito positivo (sebbene funestato da vari incidenti) dei test di volo portò le autorità USA a commissionare alla Lockheed due progetti basati sulle caratteristiche di Have Blue, uno solo dei quali vide effettivamente la luce.
I due progetti erano denominati rispettivamente ATA-A ed ATA-B, e si differenziavano principalmente riguardo autonomia e carico bellico, in particolare ATA-B (poi abbandonato) richiedeva lo sviluppo di un vero e proprio bombardiere biposto a lungo raggio con una capacità di carico bellico di tutto rispetto (circa 4500 kg), ma le difficoltà insite ne progetto ne portarono all’annullamento ed alla concentrazione delle attività sul progetto ATA-A.
Tutti questi avvenimenti avvennero nella seconda metà degli anni’70, al termine dei quali la Lockheed era prossima alla realizzazione del proprio velivolo, aereo che venne chiamato F-117 “Nighthawk”, il cui primo volo si tenne il 18 Giugno 1981, due anni prima dell’entrata effettiva in servizio 15 Ottobre 1983.
(F-117 “Nighthawk in volo)
(F-117 “Nighthawk al suolo)
(F-117 “Nighthawk – cockpit)
Esaminando le prestazioni di tale aereo verrebbe da pensare che non si tratti di un velivolo particolarmente pericoloso, essendo limitato nella velocità a solo 0.92 Mach, senza significative prestazioni in termini di manovrabilità e difesa in caso di combattimento aereo, ma la realtà è differente e richiede che se ne analizzino le caratteristiche in funzione del ruolo (e delle conseguenti condizioni operative) che lo caratterizzano.
Nato come aereo monoposto da attacco al suolo, dotato di un’autonomia di 1720 km ed una tangenza di 20.000 m, oltre ad un carico bellico di 2260 kg (contenuto interamente all’interno di due stive, sempre al fine di minimizzare la traccia rilevabile dai radar), il Nighthawk era un velivolo in grado di sorvolare il bersaglio ad alta quota e scaricare il proprio carico offensivo con una bassissima possibilità di venire rilevato, grazie ad una traccia radar paragonabile a quella di un cuscinetto a sfera.
Per ottenere una traccia radar così ridotta si ricorse, oltre alla forma sfaccettata ed alle vernici radar assorbenti, anche all’eliminazione di tutti quei dispositivi che in qualche modo potevano generare dei segnali facilmente rilevabili dai radar avversari, eliminazione che, ad esempio, faceva in modo che il sistema di puntamento adoperato si basasse su un sistema termografico per l’acquisizione dei bersagli con puntamento laser degli obiettivi, pertanto senza l’impiego di alcun sistema radar.
Per quanto riguarda i motori veniva impiegata una coppia di turboventole General Electric F404-GE-F1D2 sprovviste di post bruciatore (in modo da ridurre la visibilità all’infrarosso), collocate in modo da minimizzare la visibilità dello scarico anche grazie anche ad una griglia posizionata nella sezione di terminale dei vani motori.
(F-117 “Nighthawk al suolo – vista posteriore)
(F-117 “Nighthawk in volo – è visibile la griglia di scarico del motore destro)
Proprio queste caratteristiche lo hanno reso un perno del sistema offensivo USA in vari scenari di guerra (Panama, ma soprattutto Kosovo, Afganistan ed Iraq) fino all’uscita di servizio nel 2008, subendo un solo abbattimento da parte della contraerea Jugoslava.
(F-117 “Nighthawk durante un’azione di attacco al suolo)
L’F-117 è stato tanto inusuale nell’aspetto quanto segreto, infatti solo nel 1988 gli Stati Uniti rivelarono la sua esistenza, ed ancora oggi non sono noti tutti i dettagli tecnici, soprattutto riguardo i dispositivi di bordo per l’individuazione di eventuali minacce.
Tale mistero ed inusualità ha reso abbastanza celebre il velivolo anche al cinema e nei videogames, sebbene in certi casi abbia rivestito un ruolo che poco aveva a che fare con le sue effettive caratteristiche.
Augurandomi che anche questo post sia stato gradito per i contenuti e per il protagonista trattato, vi rinnovo l’appuntamento a lunedì prossimo, sempre su AppuntiDigitali, sempre con la rubrica Energia e Futuro.