La scorsa settimana abbiamo discusso, proseguendo sulla scia dei post sul Petrolio, della Teoria del Picco del Petrolio di Hubbert esaminando con maggiore dettaglio quanto precedentemente introdotto, ed aprendo la questione sulla reale validità ed applicabilità di tale teoria, questione evidenziata in particolare da alcuni commenti.
LA TEORIA DI HUBBERT ED I LIMITI DEL MODELLO
La teoria di Hubbert, sebbene basata sull’osservazione di dati reali (relativi all’estrazione del carbone, e poi adattata al contesto petrolifero), è basata su un modello matematico che, a causa di questa stessa natura, è particolarmente sensibile al contesto applicativo.
Tale modello è stato applicato allo scenario americano con particolare successo, individuando un massimo della produzione effettivamente realizzatosi nel periodo indicato da Hubbert, e ciò ha portato l’interesse della comunità scientifica sulla teoria sviluppata dai Hubbert, con il conseguente tentativo di applicarlo per delle valutazioni su scala globale in modo da potere comprendere l’andamento della risorsa a livello mondiale.
Nonostante le difficoltà che una tale scala implica, e grazie soprattutto agli studi del geologo Colin Campbell (presentati in epoca abbastanza recente, ovvero la fine degli anni 90), la teoria di Hubbert è stata largamente impiegata allo scopo di prevedere il picco globale del petrolio, ed i risultati, più volte confermati da vari altri gruppi di scienziati, individuano il picco globale grossomodo tra il 2006 ed il 2010, sebbene negli anni sia stato possibile, complice anche l’elevato costo del greggio, includere tra le risorse anche tipologie di petrolio particolarmente costose da estrarre o lavorare.
Una scala così estesa ed una disponibilità di informazioni riguardo i giacimenti disponibili spesso di dubbia correttezza, rischia però di portare a risultati potenzialmente affetti da margini di incertezza molto ampi, pertanto nonostante ci siano state tante conferme riguardo le previsioni di Campbell, sono sorte anche posizioni contrastanti da parte di altri studiosi, dando vita a due principali punti di vista.
PICCO DEL PETROLIO – PUNTO DI VISTA GEOLOGICO
La teoria del picco del petrolio di fatto si basa su un’analisi prettamente geologica, o meglio, strettamente legata a fattori prettamente fisici e tecnici quali l’effettiva disponibilità della risorsa, la tecnologia (ed il conseguente costo sostenibile) disponibile e la domanda.
In questo scenario è immediato fare le considerazioni che molti studiosi, con approccio ingegneristico, hanno fatto, ovvero che lo sfruttamento di una risorsa non rinnovabile (a meno di considerare eventuali teorie abiotiche, riguardo alle quali preferisco non entrare in merito in quanto ancora non godono di un’adeguata validazione scientifica) ampiamente utilizzata, e per certi versi insostituibile (quantomeno non facilmente) come il petrolio, in seguito ad una domanda tutto sommato sostenuta nonostante le sue variazioni di prezzo, segua una curva prima crescente fino al raggiungimento del massimo della produzione, al quale segue inesorabilmente un declino (e quindi una riduzione della quantità estratta) dovuto alla crescente scarsità della risorsa.
Tale declino risulta mitigato dal binomio “miglioramento delle tecnologie – aumento del prezzo della risorsa” in quanto il miglioramento della tecnologia permette un maggiore sfruttamento della stessa, ma al tempo stesso l’aumento dei prezzi sul mercato rende convenienti ed utilizzabili tecnologie precedentemente proibitive o giacimenti il cui sfruttamento risultava particolarmente costoso.
Se tali punti di riferimento per la teoria risultano sicuramente fondati e motivati, è altrettanto vero che è difficile stimare con precisione le risorse disponibili in quanto le variabili in gioco sono molteplici e non sempre di esclusiva natura tecnica.
PICCO DEL PETROLIO – PUNTO DI VISTA ECONOMICO
In uno scenario “ideale” lo scambio di un qualunque bene si svolge nel rispetto dei meccanismi ben noti tra domanda ed offerta, il cui punto di incontro rappresenta il prezzo e la quantità scambiata di esso, ma davanti a risorse estremamente importanti come il petrolio diventa più difficile una corretta valutazione.
(Esempio di curva Domanda – Offerta)
Poiché nel caso del petrolio la domanda non cala sensibilmente al variare del prezzo, lo scenario che può venire rappresentato deve necessariamente includere tra le sue variabili anche la speculazione, fenomeno presente in molti ambiti economici, e di sicuro non assente da uno dei business storicamente gestito senza troppi scrupoli morali.
In tale scenario più complesso resta comunque valido il costrutto sul quale si fonda la teoria di Hubbert, ma diventa pressoché impossibile valutare correttamente quale sia la reale quantità delle risorse, in quanto i dati possono venire gonfiati o ridotti in funzione della maggiore convenienza dei soggetti coinvolti, pertanto ciò che viene minata non è tanto la teoria del picco, bensì la sua applicazione “tal quale”.
Da una considerazione di tali problematiche sono sorte forti critiche soprattutto da parte di economisti (spesso considerate di serie B in quanto provenienti da ambienti non strettamente tecnici), i quali evidenziano come il costo del petrolio ed il processo estrattivo possano non essere strettamente legati e che l’attività speculativa sul mercato influisca pesantemente sul processo estrattivo.
E’ importante evidenziare che all’epoca della definizione del modello di Hubbert (anni 50) lo scenario petrolifero era sostanzialmente differente da quello odierno, in particolare la domanda di prodotti petroliferi non era molto forte (sebbene in crescita) rispetto alla produzione e questo contribuiva a semplificare lo scenario, mentre in quello odierno, in presenza di una fortissima domanda e grosse tensioni tra paesi produttori e consumatori, la maggiore complessità e le notevoli implicazioni sociali e politiche conseguenti richiedono una maggiore interdisciplinarità per operare valutazioni obiettive e concrete.
Sebbene sia difficile giungere a delle conclusioni sulla validità o meno delle posizioni presentate, è evidente come il dibattito a riguardo sia lontano dalla sua conclusione e finisca per coinvolgere anche il tema, altrettanto discusso ed articolato, delle correlazioni (presunte o reali) tra produzione del petrolio e crisi economiche, ma su questo tema torneremo in futuro con un post dedicato nel quale troveranno spazio e maggiore dettaglio questi temi.
Anche per oggi è tutto, vi rinnovo l’appuntamento consueto a lunedì prossimo, sempre su AppuntiDigitali, sempre con la rubrica Energia e Futuro.