Recentemente il Presidente della Repubblica Napolitano ha avuto modo di chiarire la sua posizione sul rapporto Internet-politica. Un rapporto che il boom del Movimento 5 Stelle ha portato alla ribalta. Secondo Napolitano “La rete non è il luogo delle decisioni politiche […] I partiti sono le cinghie di trasmissione delle istanze dei cittadini verso le istituzioni. La sfera delle decisioni politiche non si tocca”.
L’opinione di Napolitano, politico di lungo corso nelle fila della sinistra italiana, è prevedibilmente fondata sulla centralità dei partiti. Una centralità cui i processi sociali che si mettono in moto su Internet non offrirebbero alternative.
A bruciapelo mi verrebbe da rispondere che qualunque movimento sociale di peso demografico consistente, in una democrazia, merita di essere preso in considerazione, che si formi su Internet o altrove. Non perché Internet sia estraneo a eterodirezione o populismo, non perché la rete sia tutta “dal basso”, come a certi parolai piace far credere. Semplicemente perché su Internet si concentrano, confrontano e affinano opinioni, perché dai processi che iniziano in Internet emergono istanze che vanno valutate nel merito, non in base alla provenienza, particolarmente se ci ricordiamo che siamo nel 2012 ed Internet, nella sola Italia, è uno strumento quotidiano per milioni di cittadini.
Tuttavia il focus dell’obiezione di Napolitano, se si legge oltre i titoli e i grassetti, è la decisione, ovverosia la sintesi delle varie istanze in questione. La domanda più pertinente, a questi fini, è dunque: può Internet riassumere il ruolo decisionale della politica? Può in altre parole schiudere le porte a quel concetto di democrazia diretta a 360° – la cui popolarità è di solito inversamente proporzionale a quella della classe politica in carica?
I pochi e selezionatissimi aficionados della rubrica semisegreta intitolata al tarlo, conoscono la mia posizione in merito: un secco no. Un no che, ovviamente, non condona e non dimentica le imperfezioni del sistema delegato.
Sarebbe già tanto se Internet riuscisse a diventare – finalmente nei fatti, il potenziale ormai lo conoscono anche i sassi – strumento di pressione dal basso, il luogo in cui le lobby istituzionali – quelle che finanziano le campagne elettorali e partecipano indirettamente alla formazione delle liste elettorali – vengono controbilanciate da movimenti più vicini agli interessi dei gruppi le cui istanze esulano dalle attenzioni (e, ahimè, spesso delle collusioni e dei clientelismi) della politica di palazzo.
Solo la politica può condurci verso questo desiderabilissimo esito, e in tutta franchezza mi piacerebbe che il Presidente della Repubblica, dopo aver ricordato cosa con Internet non si può fare, mostrasse sensibilità anche per ciò che in Internet si può fare, peraltro meglio che in un sistema mediatico radicato nel secolo scorso ed istituzionalmente eterodiretto.