Diversi anni fa abbiamo già avuto modo di parlare di una nuova forma di energia chiamata energia di fusione, ovvero l’energia prodotta dalla fusione atomica di due nuclei. Ricordiamo che è una cosa ben diversa dall’energia di fissione, ovvero l’energia prodotta dalla disintegrazione di nuclei, oggi usata nelle centrali nucleari.
La fusione nucleare è invece il processo che genera l’energia nelle stelle, come per esempio nel nostro Sole. Il processo di fusione genera energia quando i nuclei in gioco sono più leggeri del Ferro, mentre dal Ferro in poi per creare energia si usa il processo inverso, la fissione. L’idea è che durante la fusione di due nuclei entrano in gioco due diverse forze: da un lato la classica forza elettromagnetica, che agisce sui protoni, particelle a carica positiva che compongono i nuclei; dall’altro la forza nucleare forte, che agisce sia sui protoni che sui neutroni e mantiene in natura nuclei aggregati. Queste due forze sono in contrapposizione l’una con l’altra, infatti mentre la forza nucleare forte è attrattiva e vuole tenere i nucleoni (i componenti del nucleo, protoni e neutroni) assieme, la forza elettromagnetica è in questo caso repulsiva, infatti tende a far allontanare particelle di carica identica, come i protoni. Poiché la forza nucleare forte è, come dice il nome, più forte della forza elettromagnetica è energeticamente conveniente per i nuclei leggeri fondersi assieme, rilasciando quindi l’energia in disavanzo.
Il bello di questa forma di energia è che è un’energia tra le più pulite immaginabili. Non fa uso, infatti, di nessun materiale radioattivo come uranio o plutonio, né genera nessun prodotto chimico da combustione, come per esempio l’anidride carbonica, che potrebbe contribuire al riscaldamento globale. Anche le materie prime con cui creare l’energia sono un lato positivo di questa tecnologia: si utilizza infatti deuterio e trizio, isotopi dell’idrogeno. Essi hanno quindi lo stesso numero di protoni dell’idrogeno (uno) e si comportano chimicamente come l’idrogeno, ma sono “sovrappeso”, cioè hanno un numero maggiore di neutroni (due il deuterio e tre il trizio). Il deuterio e il trizio sono presenti in natura sostituendosi all’idrogeno, quindi ne possiamo trovare in (relativa) abbondanza nelle acque di mare e di laghi. Inoltre ne basta molto poco per creare moltissima energia, per cui sembra proprio la soluzione a tutti i mali.
Ma veniamo ai lati negativi… il principale lato negativo di questa tecnologia è che incredibilmente difficile da riprodurre sulla terra. Affinché possa avvenire la fusione nucleare, infatti, i nuclei devono trovarsi in una condizione particolare: a temperature elevatissime (dell’ordine di 100 milioni di gradi Kelvin) e a pressioni elevatissime. A temperature così alte il gas non è più gas, ma diventa un plasma, ovvero un gas ionizzato in cui tutti gli elettoni sono stati strappati dagli atomi, lasciando nuclei “nudi”. Certo queste condizioni sono raggiunte facilmente nel Sole: con la sua enorme massa usa la propria gravità per concentrare gli atomi nel proprio centro, innescando così la fusione atomica. Non è una cosa da tutti: pensate che neppure Giove, nonostante le sue rispettabili dimensioni ha una gravità sufficiente da far innescare la fusione atomica. Come raggiungere queste condizioni in laboratorio quindi?
Il tentativo di riproduzione della fusione atomica non è storia nuova: i primi esempi si trovano tra le esperienze dell’United Kingdom Atomic energy Authority, già dal 1946. Inoltre, la fusione atomica incontrollata esiste già: basti pensare alla terribile bomba H, o bomba a idrogeno. Quello che invece si vuole fare per poter sfruttare l’energia generata, è controllare la fusione. Il problema è che il plasma, ad altissime temperature, ha la tendenza a generare delle instabilità. Queste instabilità possono propagarsi e perturbare il plasma, facendolo vibrare. Nel momento in cui il plasma, a causa di queste vibrazioni, tocca le pareti del reattore si raffredderà molto rapidamente, e creerà un forte campo elettromagnetico all’interno della macchina.
Al momento vi sono due metodo principali per confinare il plasma e ridurne le instabilità. Il metodo più recente è quello chiamato confinamento inerziale, o laser, di cui abbiamo già parlato in un vecchio post. L’idea è di sfruttare un intenso raggio laser per indurre un’implosione in una piccola sfera di deuterio e indurne la fusione per un tempo sufficiente da creare un rendimento energetico positivo.
Il sistema più classico, invece è il così detto confinamento magnetico, in cui il plasma viene contentuto in un volume definito per mezzo di un forte campo magnetic. Questo metodo è in uno stadio più avanzato di realizzazione, ma più soggetto alle instabilità del plasma.
Un gruppo di ricercatori dell’istituto EPFL, di Losanna, hanno recentemente pubblicato un loro interessantissimo risultato sulla rivista Nature, in cui hanno esposto un metodo per eliminare le instabilità del plasma non appena essere vengono generate, impedendogli così di propagarsi. L’idea è di utilizzare delle antenne che emettono radiazione elettromagnetica nella direzione esatta dell’instabilità, eliminandola non appena si forma. La loro idea si è rivelata di grande successo, quando applicata a uno dei più grandi reattori attualmente esistenti, il JET (Joint European Torus). Il prossimo passo sarà quello di costruire un rivelatore i grado di monitorare per lungo tempo e in modo costante le condizioni del plasma in tempo reale, in modo da poter focalizzare l’antenna elettromagnetica in maniera ancora più efficiente.
Idealmente, questo nuovo sistema potrà venire applicato anche nel futuro reattore a fusione ITER, attualmente in fase di costruzione nel sud della Francia.
Anche se le previsioni temporali sull’utilizzo dell’energia di fusione commercialmente non sono molto positive (non si pensa di poter inserire energia a fusione nella rete elettrica prima del 2040), rimane comunque una delle vie più promettenti per la risoluzione a lungo termine del problema energetico mondiale: una fonte di energia pulita, virtualmente inesauribile come l’acqua, e con una potenza estremamente elevata (si parla di valori tra i 200 e i 40000 MW per centrale).