In risposta al post di Alessio sulla posizione di Wikipedia nel metodo scientifico, vorrei estendere le sue considerazioni all’intero mondo della comunicazione scientifica.
Sappiamo che per validare una ricerca è necessario avere l’avallo dell’intera comunità scientifica, che giudica il lavoro riproducibile, originale e di alto impatto scientifico. Per ottenere questo avallo è necessario inviare un articolo che descrive dettagliatamente il proprio lavoro a una rivista scientifica. La redazione di questa rivista giudica l’articolo e lo invia a una “peer review”, ovvero l’articolo viene sottoposto al giudizio di una serie di esperti nel campo trattato che scrivono un piccolo rapporto sul lavoro. Se almeno 2 referee considerano il lavoro pubblicabile, allora viene pubblicato e reso disponibile alla comunità scientifica.
Le riviste scientifiche vengono a loro volta giudicate in base a un parametro, chiamato “impact factor”. Questo parametro viene calcolato in base al numero medio di citazioni ottenute da quella rivista nei due anni precedenti, e viene assegnato da un’azienda privata “super partes” chiamata Thomson Reuters. Più alto è questo parametro, più prestigiosa è la rivista: per esempio, la rivista Nature ha un impact factor (IF) di 36,101, mentre una buona rivista scientifica internazionale specifica di un settore è attorno a 5-6.Ora, se questo è il sistema riconosciuto attualmente per definire il valore di una scoperta scientifica, non è necessariamente perfetto. In particolare, ci sono alcune critiche che sorgono da parte della comunità scientifica.
In primo luogo, questo processo è abbastanza lento. Dal momento in cui uno scienziato invia il proprio articolo alla redazione di una rivista al momento della pubblicazione passano 3 mesi nel migliore dei casi, ma spesso è molto di più. Infatti i redattori ci mettono diverse settimane per dare il primo giudizio al lavoro, poi devono trovare i referee, i quali devono trovare il tempo per studiare il lavoro e giudicarlo. Prima di accettare un articolo è quasi la norma che i referee richiedano delle revisioni e correzioni all’autore, cosa che allunga ulteriormente il processo.
Per ovviare a questo problema l’università di Cornell ha messo a disposizione dei server per l’archiviazione di articoli “pre-print”, ovvero prima della pubblicazione su rivista scientifica. Questo archivio, chiamato appunto ArXiv, è estremamente utile alla comunità scientifica. Tramite esso, infatti, è possibile raggiungere tutti gli articoli non appena i ricercatori hanno completato il lavoro, senza dover attendere lunghi tempi editoriali.
In secondo luogo è completamente libero, quindi è facilissimo accedere agli articoli da qualsiasi luogo ci si trovi, senza dover pagare nessun tipo di iscrizione, ed è altrettanto facile aggiungere il proprio articolo, in risposta a quello appena letto, per esempio. Ricordiamo l’evento dell’analisi effettuata dall’esperimento Opera, che prevedeva che la velocità dei neutrini in certe condizioni fosse superiore alla velocità della luce. Quell’articolo è stato pubblicato su ArXiv ben prima di apparire su una rivista scientifica (anzi, ancora non è stato pubblicato che io sappia). Ad esso poi si sono susseguiti una serie enorme di risposte, quasi in tempo reale, cosa che non sarebbe mai stata possibile in una rivista scientifica.
In pratica, ArXiv funge un po’ da una Wikipedia per scienziati, che permette una comunicazione rapidissima, da scienziati a scienziati, senza bisogno di alcun intermediario.
Il lavoro della redazione, però, non è inutile: ci sono molti articoli che sono di bassissima qualità e non meritano l’attenzione del pubblico. Ci sono ricercatori che addirittura copiano articoli da altri o semplicemente re-inviano un proprio articolo, riarrangiato a dovere. Spesso ricercatori di nazioni non anglofone non sanno scrivere in un inglese corretto, ed è necessario lavorare sulla lingua prima di procedere alla pubblicazione. Gli stessi responsabili di ArXiv sono molto preoccupati di mantenere un certo livello qualitativo e hanno recentemente introdotto la regola che per poter inviare articoli è necessario essere raccomandati da un altro noto ricercatore che ha già pubblicato su ArXiv.
È inoltre necessario essere affiliati a un istituto scientifico.Queste precauzioni non sono però spesso sufficienti per mantenere la qualità necessaria per la produzione scientifica.In pratica, è il sogno di tutti, da Wikipedia ad ArXiv, avere una piattaforma di scambio di informazioni globale, in tempo reale ed elastica. Credo inoltre che sia giusto puntare in quella direzione, perché il tempo della conoscenza relegata in una torre d’avorio è grazie al cielo passato. Ora una notizia sui neutrini o sul bosone di Higgs fa facilmente capolino su quotidiani nazionali e blog di informazione, ed è quindi necessario che tutti abbiano a disposizione una fonte di informazione che li prepari a digerire tutte le notizie che vengono divulgate.
È giusto che tutti abbiano i mezzi di base per riconoscere un imbroglio o per prendere una decisione importante. Pensiamo a tutte le cure di medicina alternativa: quando ci si trova davanti a queste scelte si deve sapere che cosa si sta scegliendo. Quando votiamo per la fecondazione assistita dobbiamo sapere le conseguenze del nostro voto. Ma anche in fisica: quando votiamo pro o contro il nucleare bisogna conoscere i dettagli della scelta che facciamo. Insomma, ormai la scienza è decisamente uscita dalla torre d’avorio e ci coinvolge nelle decisioni e nella vita quotidiana.
Le conseguenze sono due, e apparentemente discordanti: da un lato le informazioni devono essere dinamiche, rapide e a disposizione di chiunque, come in Wikipedia. D’altro canto queste informazioni devono essere di alta qualità e non travianti.
Alessio ha spiegato come secondo lui Wikipedia presenti un metodo che, magari non dichiaratamente, vuole rappresentare un’alternativa a quello scientifico. Io invece dico che Wikipedia deve insegnare il metodo scientifico, affinché tutti noi possiamo imparare in modo dinamico e corretto. Come? Con la responsabilizzazione. Se un oltranzista qualsiasi cambia una pagina di Wikipedia scrivendo le sue cavolate, e contraddicendo le attuali conoscenze scientifiche, ci deve essere uno scienziato che, più veloce della luce, corregge immediatamente la pagina.
Questo è fattibilissimo nel momento in cui gli scienziati si sentono responsabili della conoscenza che trasportano. Se io sono esperta di neutrini devo sentirmi responsabile di diffondere questa conoscenza al meglio delle mie capacità. Questa non è utopia, credo, perché conosco molti ricercatori che dedicano il proprio tempo a scrivere blog o a editare pagine e pagine di Wikipedia. Dovrebbe diventare più stimolante per chi vuole diffondere conoscenza ed è competente per farlo, rispetto a chi vuole solo ostacolarne la diffusione. E secondo me questo è un traguardo possibile. Certamente, richiede qualche regolamentazione (per esempio obbligando chi contribuisce a Wikipedia a scrivere il proprio nome e cognome), ma la strada è ormai stata imboccata e dobbiamo solo assicurarci che vada verso il giusto traguardo.