Come in tutti gli altri campi, anche in fisica ormai i media hanno assunto un potere molto elevato. Così elevato da guidare le aspettative non solo del pubblico, ma dell’intera comunità scientifica. Per questo quando si sente parlare di LHC, si pensa subito alla ricerca del famigerato Bosone di Higgs, e ci si aspetta che la scoperta avvenga da parte di uno dei due esperimenti principali, Atlas o CMS.
La fisica che si fa all’LHC, però, è ben più vasta, e questi due esperimenti non sono gli unici presenti attorno all’anello acceleratore. Uno degli altri esperimenti presenti è chiamato LHCb, poiché si occupa di quel ramo della fisica detto “flavour physics”, o fisica del sapore.
Quando due protoni si scontrano, infatti, non dobbiamo pensarli come a due palle da biliardo: il loro scontro non sarà completamente elastico, perché i protoni non sono particelle elementari, puntiformi, ma hanno una struttura interna. I protoni sono composti da quark e gluoni, che sono i veri componenti elemntari della materia adronica. Quando due protoni si scontrano, quindi, il vero scontro avverrà tra i quark e i gluoni, che in parte interagiranno tra loro, e in parte passeranno il punto di interazione inalterati. A seconda di quanti elementi dei protoni interagiscono, possiamo definire l’elasticità dell’interazione (per capirci, un moscerino che si schianta sul parabrezza di un auto è un’interazione completamente inelastica, mentre due palle da biliardo che rimbalzano l’una sull’altra hanno un’interazione completamente elastica).
Per descrivere la cinematica di questa interazione si usano due quantità, diciamo x e y, che descrivono la frazione di energia totale che viene presa da ciascun quark che prende parte all’interazione (in questo caso si chiamano “partoni”, ovvero la parte di protone che interagisce e si scontra con l’altra parte dell’altro protone). l’LHCb ha la caratteristica di osservare solo i prodotti dell’interazione che vengono emessi ad angoli molto piccoli rispetto all’asse dell’interazione, ovvero il fascio di protoni. Questo corrisponde a considerare solo le interazioni in cui uno dei due partoni prende molta più energia rispetto all’altro. Questo tipo di fisica è interessante perché permette di studiare i mesoni B e D, che contengono i quark di tipo “bottom” e “charm”.
Da qui il nome di “flavour physics”, perché si studiano quark di un “sapore” diverso dai soliti “up” e “down”, che compongono la materia ordinaria come i protoni e i neutroni. Questo tipo di fisica è spesso considerato di nicchia, perché i metodi di analisi e gli stessi rivelatori sono molto diversi dai classici esperimenti di fisica delle particelle. L’analisi è spesso molto complessa, perché in quelle condizioni si creano una marea di particelle pesanti, che a loro volta interagiscono e decadono, rendendo difficile ottenere un segnale chiaro e pulito da interpretare.
È però proprio con queste osservazioni che possiamo rivelare nuovi esempi di fisica o nuove particelle pesanti. In particolare, non più tardi del 14 Novembre scorso, la collaborazione LHCb ha presentato, a una conferenza tenutasi a Parigi, un risultato estremamente interessante, che secondo me può definirsi tranquillamente il primo vero risultato di fisica ottenuto all’LHC: è stata osservata, con una confidenza di 3,5 sigma, la prima prova diretta di violazione CP.
In passato avevo già avuto modo di spiegare cosa fosse la violazione CP (e vi chiedo di andare a rileggere il post per rinfrescarvi la memoria a riguardo) parlando di un esperimento completamente diverso: AMS-02. I risultati di questi esperimenti, però, sono molto collegati. La violazione CP (ovvero la violazione della conservazione di carica e parità) potrebbe essere il fenomeno responsabile della disparità tra materia e antimateria nell’Universo. Per comprendere a fondo le ragioni di questa disparità, è quindi molto importante capire il fenomeno fisico che vi è alla base.
Ritorniamo all’esperimento LHCb. Come accennato, si studiano i mesoni B e D. I mesoni sono particelle composte da una coppia quark-antiquark. Il mesone B0, per esempio, è composto da un quark bottom e un antiquark up, mentre il mesone D0 è composto da una coppia di quark charm e un antiquark up. Analogamente si possono definire anti-B0 composti da un antiquark bottom e un quark up, e anti-D0 composti da un antiquark charm e un quark up. Lo 0 sta ad indicare la carica neutra di queste particelle. Ora, per comprendere la misura che è stata fatta bisogna innanzi tutto comprendere due cose fondamentali. Una, puramente sperimentale, è che per capire se si ha per le mani un D0 o un anti-D0 si devono osservare i loro prodotti di decadimento, che differiscono nei due casi.
L’altra, più complessa, è il fatto che i quark hanno un comportamento un po’ particolare. In modo simile (ma non del tutto uguale) ai neutrini, anche i quark possono oscillare da un sapore all’altro in determinate condizioni. Questo vuol dire che se ho una scatola piena di D0, dopo un certo punto avrò anche degli anti-D0, perché i D0 possono trasformarsi in anti-D0 e viceversa. Ora, se la carica e parità (assieme) si conservassero perfettamente, vorrebbe dire che il numero di particelle e di antiparticelle presenti nella nostra scatola si equivarrebbe. Ovvero, LHCb dovrebbe misurare lo stesso numero di particelle D0 che di antiparticelle D0.
In realtà la cosa è leggermente più complicata di così, perché l’LHCb non è proprio una scatola, e le collisioni di protoni su protoni che avvengono all’LHC non producono esattamente lo stesso numero di D0 e di anti-D0. Vi è quindi un’asimmetria pregressa, che inficia il risultato finale.Fortunatamente, però, è facile porre rimedio a questo problema. Come dicevo per distinguere D0 e anti-D0, si osservano i loro prodotti di decadimento, che sono pioni carichi (+ e -) e kaoni (K) carichi (+ e -). Se si osservano i rapporti solo di pioni o solo di kaoni, la misura viene inficiata dalla differenza di particelle che si ha inizialmente. Se, invece, si considera la differenza tra questi due rapporti, la differenza iniziale viene semplificata, e quindi scompare dall’equazione. In questo modo l’LHCb è in grado di osservare con chiarezza se vi è conservazione di carica e parità, oppure no. Ebbene, questa misura è stata fatta, e si è osservato che il comportamento della trasformazione CP (carica-parità) differisce da quello che ci si aspetta dal Modello Standard per 3,5 sigma. Questo equivale a dire che la probabilità di effettuare questa misura pur accettando il Modello Standard è lo 0,02%.
Possiamo quindi considerare questa misura conclusiva e accettare che questo campo della fisica va decisamente oltre il Modello Standard? Ebbene, ancora no! La fisica è veramente uno stress da questo punto di vista, prima di poter dichiarare una scoperta servono anni e anni di lavoro. Il problema, in questo caso, è nella descrizione teorica di che cosa ci si aspetta dal Modello Standard. Il valore della massa dei mesoni D0, infatti, è tale da rendere difficile una computazione teorica del comportamento che ci si aspetta che abbiano.
I calcoli del Modello Standard si basano su delle tecniche di approssimazioni molto importanti. Una è la teoria perturbativa della QCD (quantum chromodynamics, ovvero la teoria che descrive il comportamente dei quark) che vale a energie molto superiori al GeV (Giga electronVolt) e una è la teoria della perturbazione chirale, che vale a energie più piccole di 1 GeV. Ora, la massa dei D0 è di 2 GeV, e ciò pone i d0 nella zona grigia di validità di entrambe le teorie. Questo quindi vuol dire che non sappiamo con assoluta certezza come i D0 dovrebbero comportarsi e quindi è difficile dire se ciò che osserviamo è tanto diverso da quello che vorremmo vedere oppure no.
Insomma, ci sono sempre se e sempre ma nella fisica delle particelle, ma ritengo che questa misura sia al giorno attuale la misura più interessante che abbiamo ottenuto dall’LHC e mi auguro che sia soltanto la prima e che apra la strada a una nuova stagione di scoperte!