È difficile fare previsioni circa il futuro di un’azienda come Apple, che negli ultimi quindici anni ha dimostrato di riuscire a reinventarsi senza soluzione di continuità.
È diventato addirittura stucchevole ripetere che la fetta maggioritaria dei profitti di Apple oggi, proviene da un prodotto che 5 anni fa non esisteva, iPhone (2007). iPad, lanciato nel 2010, porta già più soldi del Mac e nel complesso, assieme a iPhone, vale 2/3 delle revenue di Apple.
Mentre arricchiva la sua offerta con prodotti innovativi, Apple ha dimostrato di riuscire a mantenere elevato il tasso di innovazione sui prodotti precedenti, come dimostrano le importanti crescite dell’installato Mac e le risorse dedicate all’innovazione della piattaforma iPod+iTunes.
È tuttavia evidente che la crescita negli incassi dell’azienda è stata propulsa dai nuovi prodotti lanciati. A tal proposito i bene informati assicurano che la pipeline di prodotti per i prossimi due anni è carica di innovazioni targate Jobs.
Non mancano però alcune nuvole all’orizzonte. Partiamo proprio da iCloud, la soluzione cloud computing di Apple. Si tratta di una serie di servizi sempre più integrati nei dispositivi di nuova generazione. Se il flop di MobileMe – uno dei peggiori prodotti Apple di sempre – non poneva grosse minacce al mercato Mac, il flop di iCloud andrebbe a minare la user experience dei prodotti iOS, con danni certo più importanti.
Secondariamente l’impoverimento del mercato, conseguenza della crisi mondiale, pende come una spada di Damocle sulla testa di qualunque azienda. Nel caso di Apple non è un problema di prezzi, ma più in generale della possibilità che la crisi rallenti quel passaggio ai “post-pc device” a cui la roadmap di Apple è legata a doppio filo già da anni.
Chiudo con un dubbio: nell’epoca di Jobs i risultati sono arrivati grazie ad un unico mix fra visione e capacità di esecuzione. Tim Cook, fino a poche settimane fa COO, ha supervisionato per anni l’intera supply chain, rendendo l’azienda capace di capitalizzare tutta la domanda generata attorno i suoi prodotti – mantenendo al contempo una forte leva sui partner di produzione. Verrebbe dunque da pensare che in futuro ci si debba preoccupare maggiormente della carenza di visione, ma dubito che sia così semplice.
Come abbiamo detto, la crescita di Apple è da anni legata alla capacità di “serializzare la disruption”: lanciare prodotti che vanno a ridefinire la categoria in cui operano. Questo tipo di operazioni ha sempre richiesto una leadership forte, coinvolgendo elementi non controllati direttamente da Apple ma influenti sul successo delle sue strategie: le major (iPod+iTunes), le telco (iPhone), gli editori (iPad). Se davvero nel futuro di Apple c’è uno sforzo massiccio sul fronte TV, è indispensabile che chi si siede al tavolo delle trattative abbia un peso sufficiente a spostare lo status quo, con idee, soldi e forza persuasiva. Una sfida pesante, anche per una vecchia volpe come Tim Cook.