Più volte in questa rubrica abbiamo parlato dei raggi cosmici. Essi sono particelle cariche, per lo più protoni, ma in una minima quantità anche elettroni, positroni e nuclei più pesanti fino al ferro. Queste particelle hanno origine nello spazio profondo, talvolta all’interno della nostra Galassia, talvolta molto più lontano. La loro origine e la loro composizione dipende dalla loro energia, e tutto questo è attualmente un’interessante materia di studi per fisici delle particelle e astrofisici, che ancora non hanno del tutto compreso la storia di queste particelle. Di certo sappiamo che ci sono, che sono per la stragrande maggioranza protoni, che hanno uno spettro energetico che diminuisce drasticamente ad alte energie (ovvero è molto più probabile osservarne con un’energia più bassa che con un’energia più alta) e che hanno le origini più disparate: supernovae, microquasars, gamma-ray bursts, active galactic nuclei, e chi più ne ha più ne metta.
Ma come influiscono questi raggi cosmici sulla nostra vita?
Una possibile influenza che possono avere nella nostra realtà di tutti i giorni è modificando il clima sulla Terra. Come? Inducendo, per esempio, la creazione di nuvole.
Proprio per capire questo tipo di fenomeno è stato allestito l’esperimento CLOUD (Cosmics Leaving Outdoor Droplets), al CERN di Ginevra, che ha recentemente pubblicato i suoi primi risultati sulla rivista Nature.
L’idea è che i raggi cosmici possono interagire con le molecole d’aria nell’atmosfera, ionizzandole e facendole condensare i goccioline volatili che possono poi servire da seme per innescare la creazione di una nuvola. Che i raggi cosmici ionizzino le molecole dell’atmosfera è vero, ma non si sa ancora se questo fenomeno è sufficiente ad innescare la generazione di una nuvola. In pratica, ci sono molte ipotesi, ma CLOUD è il primo esperimento che si prende la briga di studiare seriamente l’influenza dei raggi cosmici sulla chimica dell’atmosfera terrestre.
L’esperimento consiste in una camera, di ben 26 metri cubi, contenente aria in condizioni estremamente controllate e alcuni gas che si pensa siano responsabili per la creazione delle nuvole, quali vapore acqueo, diossido di zolfo, ozono e ammoniaca. Il tutto viene poi bombardato da protoni provenienti dallo stesso acceleratore che fornisce i protoni per l’LHC, il PS (Proton Synchrotron), che simula il bombardamento dei raggi cosmici nell’atmosfera. I ricercatori della collaborazione CLOUD, in seguito, studiano con molta precisione gli effetti di queste particelle energetiche sui gas atmosferici, isolando dei campioni di “atmosfera” (artificiale) e analizzandoli.
Si sa che il principale responsabile della produzione delle nuvole è l’acido solforico presente nell’atmosfera. Generalmente la concentrazione di acido solforico è troppo bassa per poter legarsi con l’acqua e generare nuvole. La presenza di altri elementi chimici quali ammoniaca, o molecole organiche possono però favorire notevolemente questo processo. Anche la presenza di ioni fa aumentare la probabilità di creare nuvole. Poiché la principale causa della presenza di nuclei nell’atmosfera sono i raggi cosmici, è del tutto lecito pensare che essi abbiano un peso considerevole sulla produzione di nuvole.
Il primo risultato è che un effetto, i raggi cosmici, ce lo hanno di sicuro. Infatti, sebbene ci fossero già molti modelli che descrivevano la creazione di nuvole a partire da goccioline volatili di acido solforico, è solo grazie a CLAUD che ora ne comprendiamo meglio la dinamica. Si è osservato che dalla media troposfera in su l’effetto dei raggi cosmici è quello di aumentare considerevolemente la produzione di particelle volatili a base di acido solforico, che riescono poi a riflettere i raggi del sole e a creare dei “semi” di vapore acqueo da cui poi hanno origine formazioni nuvolose.
A livelli più bassi dell’atmosfera, però, la situazione cambia. Sebbene l’interazione dei protoni nel gas porti ad un aumento di dieci volte della produzione di piccolissime particelle volatili, dell’ordine del nanometro, queste goccioline sono ancora troppo piccole per poter innescare la produzione di nuvole.
Questo risultato è molto importante, perché vuol dire che nella bassa atmosfera ci deve essere un qualche altro fattore, qualche altro gas per esempio, responsabile della creazione delle nuvole. Sarà quindi il prossimo passo di CLOUD capire questo fenomeno.