Il giorno dopo l’addio di Microsoft a Yahoo non sono del tutto convinto che la questione si chiuda così. In questi mesi ne ho lette e sentite troppe, e alcune erano e sono anche paradossali. Diciamo la verità, nemmeno noi sapevamo esattamente cosa fosse meglio per il bene della rete e degli utenti e spesso eravamo presi da mere questioni di simpatia o antipatia verso l’una o l’altra parte.
Ora che le acque sono più calme possiamo ragionare “a bocce ferme”, come si suol dire.
Gli utenti: ho visto levarsi molto in fretta gli scudi dei flickeriani contro l’affaire Microhoo (in tempi non sospetti anche io feci una photoscioppata per riderci un po’ su, svariati mesi prima dell’annuncio ufficiale); petizioni, gare di vignette satiriche, minacce di cancellare account PRO. Perché esattamente?
Una generica paura di variazioni dei termini di servizio o il desiderio di non dare denaro direttamente a Microsoft? Siamo sicuri che gli utenti di un servizio siano le persone adatte a giudicare un deal di queste proporzioni (specie quando, come in questo caso, il servizio ha una forte componente “emozionale” intrinseca, dettata dalla storicità della piattaforma, o dal fatto che conserva i nostri ricordi migliori)?
Gli utenti sono anche in larga parte contrari all’introduzione delle “foto lunghe”, benché non ci sia assolutamente nessuna analogia con il blasonato Youtube (90 secondi di tempo massimo per i video di flickr).
La finanza: Massimo Mantellini liquida brevemente la questione del deal come un mero affare finanziario. Indubbiamente la tentata fusione è un fatto principalmente finanziario, tuttavia è innegabile che Microsoft avesse (e ha) una strategia più ampia, che in parte avevamo già tentato di esprimere in questo post di Markingegno e in questo mio seguente.
È una questione di soldi perché il momento era propizio per Redmond, con le azioni Yahoo in crisi da qualche tempo e una mole di liquidità abbastanza ingente da spendere; è un affare finanziario perché non c’è altro modo di condurre una simile trattativa se non tramite banche e azionisti; è un affare finanziario perché le due aziende sono quotate in borsa e hanno migliaia di azionisti cui rendere conto.
Peraltro Microsoft avrebbe sostenuto un esborso davvero ingente ma la cosa non ha avuto ripercussioni sul valore delle azioni, segno che anche gli azionisti credevano nell’affare e che valutavano il rapporto costo/beneficio come positivo. Non si trattava quindi di far fuori un concorrente (non solo, almeno), ma di una precisa strategia per contrastare il dominio di Google.
Google: a Mountain View devono aver sudato freddo, vista la dura presa di posizione diffusa subito dopo l’annuncio e visti gli sforzi di evitare la fusione. Se davvero Yahoo darà in outsourcing l’advertising sulle sue ricerche, Google avrà segnato un importante punto.
Yahoo ha peraltro subito precisato che la comparsa di annunci Google sulle sue ricerche sarà limitato al 3% delle query, come se volesse mettere le mani avanti rispetto alle prevedibili critiche che gli utenti faranno di fronte a questa mossa. Con che faccia comunque Yahoo potrà promuovere la sua piattaforma di advertising Panama se lei stessa usa il sistema Google per incamerare soldi?
La sensazione dell’utente è quella di un’azienda in difficoltà che deve appoggiarsi a un concorrente per sopravvivere. Questo ipotetico accordo porterebbe nelle casse dell’azienda di Jerry Yang un miliardo di dollari l’anno, ma dall’altro lato rafforzerebbe la posizione dominante di Google, sia in termini di presenza di mercato, sia in termini di capacità di fare la voce grossa con Yahoo: potrebbe – ad esempio – minacciare di chiudere il rubinetto finanziario. Insomma, tutti più o meno si lamentano dello strapotere della grande G, ma alla prima difficoltà ci si butta nelle sue braccia.
Jerry Yang: le azioni Yahoo perdono il 15% rispetto al valore pre-rifiuto, ma quotano ugualmente 5 dollari più di quando l’offerta fu lanciata. Il problema è se reggeranno o torneranno più o meno bruscamente là da dove sono venute. Il gran rifiuto di Yang in sostanza farà bene o male a Yahoo, che intanto ha iniziato a licenziare personale?
Di sicuro non tutti gli azionisti erano d’accordo col primo rifiuto – la prima offerta conteneva un premio del 62% rispetto al valore delle azioni Yahoo – figuriamoci ora che Jerry ha detto no anche al ritocco dell’offerta; se vogliamo lasciarla sul piano della finanza, io questa la chiamerei ingordigia: Yang ha 54,1 milioni di azioni della sua società, e a 37$ l’una come richiesto avrebbe incassato 2 miliardi praticamente tondi. Ai 33 offerti da Ballmer 1,785 miliardi, mentre il giorno dopo il suo patrimonio azionario ammonta a 1,318 miliardi di dollari.
Il problema è che Yang non è solo (le perdite di Filo, l’altro fondatore, sono ancora maggiori) e in casi come questi o si trova presto una alternativa convincente o gli azionisti chiedono la tua testa tramite una già annunciata class-action, e magari vendono privatamente, magari proprio a Microsoft. Evidentemente anche Yang ha una sua strategia: nel mondo moderno nessuno crede più al cavaliere senza paura che brucia 700 milioni di dollari pur di tenersi la sua impresa.
Steve Ballmer: ho letto in giro che questo mancato deal rappresenta per Ballmer un fallimento, e che dovrebbe dimettersi. Sono in disaccordo, e i corsi azionari mi danno ragione. Nonostante il cedimento sul ritocco del prezzo a 33 dollari, la partita è stata giocata in modo ottimale dal numero uno di Redmond: lancio dell’offerta al momento giusto, nessuna concessione e ultimatum per mettere pressione agli azionisti, ritocco leggero del prezzo e alla successiva richiesta di Yahoo abbandona la trattativa, lasciando Yang col cerino in mano (e la breaking news odierna è che prima di bruciarsi Jerry sta tornando a più miti consigli ).
I prezzi crollano e a Microsoft costa anche meno procurarsi qualche azione sul mercato, e può godersi lo spettacolo del panico che si diffonde nel board Yahoo. Questo evidentemente era già previsto, e anche se probabilmente inficia la strategia di Microsoft per diventare in fretta un serio competitor di Google, non la demolisce completamente: semmai la rallenta.
La verità è che a Microsoft conveniva molto acquisire Yahoo, e sebbene alcuni non siano d’accordo, ritengo che la sinergia sul fronte della tecnologia di ricerca sarebbe stata fondamentale. Al momento live.com è il peggiore dei tre motori di ricerca: sebbene in rapido recupero i passi da fare sono ancora moltissimi.
Inoltre Yahoo ha una forte comunità di utenti fidelizzati (e non solo di Flickr, ma anche ad esempio di Answers) e un brand molto forte nella posta elettronica, una piattaforma di avertising più rodata e ha da poco acquisito un serio software di web analytics (IndexTools), che Redmond potrebbe integrare al suo nascente Gatineau.
Resto dell’idea che anche a Yahoo sarebbe convenuto farsi acquisire, perché il futuro da soli è molto grigio, e le partnership possibili mi lasciano parecchio interdetto. C’è il rischio concreto che nel tentativo di ostacolare Microsoft, Yahoo avvantaggi Google, e nel tentativo di stare dietro a Yahoo Microsoft avvantaggi ugualmente Google.