In un mondo “quick” e ubiquo in cui la tecnologia progredisce alla velocità della luce trova spazio nelle cronache l’annuncio della creazione del Memristor, il quarto elemento fondamentale della teoria dei circuiti predetto nel 1971 e realizzato nel 2008. 37 anni di attesa giustificati dall’impossibilità di maneggiare la materia a livello nanometrico, ma le prospettive che si aprono sopperiscono decisamente a questo ritardo.
Teorizzato per la prima volta da Leon Chua all’università di Berkeley, il memristor completa la quaterna di circuiti elettronici passivi non lineari insieme ai più noti resistori, induttori e capacitori. Il nuovo circuito è composto da una pellicola di diossido di titanio in mezzo a due strati di alluminio; il diossido di titanio è un superconduttore, e il “panino” è alto solo 5 nanometri.
A queste dimensioni il fenomeno fisico che rende possibile un memristor si manifesta, mentre a dimensioni superiori ciò non avviene. Questo spiega i quasi quarant’anni di attesa prima della realizzazione fisica (benché al momento di memristor ne esista un modello matematico e una implementazione fisica sperimentale: per le applicazioni commerciali bisognerà aspettare ancora qualche tempo).
Il nome inglese dovrebbe dare una indicazione della sua più grande capacità: memristor è la contrazione di memory resistor. Il memristor infatti è una memoria che conserva le informazioni al suo interno anche in assenza di corrente, ma al contrario delle memorie flash che ad esempio usiamo negli Ipod, chip basati sul memristor avrebbero la stessa velocità delle moderne RAM.
Questo significa, ad esempio, che la mancanza improvvisa di corrente diventerà soltanto una noia e non un potenziale danno al nostro lavoro. Alla riaccensione il sistema si troverà esattamente nello stesso stato antecedente la perdita di potenza. E come corollario il boot sarà istantaneo; al giorno d’oggi il tempo di boot serve a far transitare le istruzioni del sistema operativo dal disco alla memoria, ma domani esse saranno alloggiate direttamente in una porzione di memoria a base di memristor.
Un’altra proprietà di questi nuovi fantastici circuiti è che il mantenimento delle informazioni avviene esattamente con zero corrente; lo stand-by diventerà per davvero una condizione di “attesa senza consumo”, permettendo al mondo di risparmiare moltissima energia.
E ancora: al resistenza del memristor varia in base alla sua carica, quindi può essere variata in due dati momenti diversi di tempo, aumentando o diminuendo la carica. Questo conduce a un’idea analogica di computer, in cui non esistono solo 1 e 0, ma diverse sfumature intermedie, e inoltre ha una forte analogia con il funzionamento delle sinapsi del cervello (le sinapsi conducono impulsi di corrente in due direzioni, tipicamente). Le prospettive di questa nuova invenzione sono veramente molto ampie.
C’è voluto un bel po’ di tempo, ma pare che ne varrà la pena.