La Valigia del Videogamer torna (finalmente) su questi schermi. Non parleremo in modo specifico di console o titoli che hanno fatto in qualche modo la storia di questo settore, bensì sarà l’occasione di riflettere tutti assieme su quale sia il mercato alla luce dei servizi online e soprattutto in ambito MMO.
In particolare, lo spunto, su suggerimento di Alessio, viene da una curiosa intervista apparsa pochi giorni fa su ArsTechnica.
L’interlocutore non è certo uno sprovveduto in materia, tutt’altro: trattasi infatti di Richard Garriott, alias Lord British, la persona cui dobbiamo la creazione di Ultima (di cui abbiamo parlato qui), che certamente vi risulterà familiare.
Nel caso in cui non lo fosse (male!), vi basti sapere che è tra le serie più famose ed apprezzate nel genere RPG, in particolare con ambientazioni fantasy, nata nel lontano 1980 con il primo episodio della trilogia Age of Darkness, ovvero Ultima I: The First Age of Darkness.
Garriott, ormai da due decenni sulla scena, comprese prima di altri la necessità di stare al passo coi tempi. E nel 1997 insieme al team Origin Systems, diede la luce ad Ultima Online, il primo Massive Multiplayer Online Role Playing System a raggiungere la quota di 100 mila abbonati.
La stessa definizione di MMORPG pare fu coniata proprio dal britannico.
“What Ultima Online did very well, and what I think has never been recaptured, is allow you to become a citizen of that world in a very personal and relevant way that is unique to you and not like anyone else,” he told Ars. “As brilliant as World of WarCraft is—of course it’s an astonishingly well-done product—but everyone is pretty much a fighter. Your life is, you’re a fighter.”
Tutto l’intervento gira intorno a questa critica. Nonostante dal punto di vista tecnico WoW, che è il caso più eclatante ma ci sono anche altri prodotti decisamente validi e di successo (Phantasy Star Online nel mondo orientale per citarne un altro), possa essere preso come esempio, le dinamiche sono essenzialmente legate al combattimento.
L’evoluzione stessa del personaggio (acquisizione di esperienza, equipaggiamento, magie) è improntata sul trittico “fight, kill, and collect” come lo chiama l’articolista di Ars Technica che dichiara apertamente il suo sostegno alla tesi esposta.
Bum. Viene posto quindi un problema alla base del concetto stesso con cui vengono sviluppati i titoli prettamente online, secondo Garriott il quale aggiunge:
“With Ultima Online, what was so cool about it is that there were people who were just fishermen, and who never fought monsters, who didn’t care to buy any armor or craft a sword—they were fishermen.”
La varietà dunque raggiunta da UO sembra un tratto distintivo che lo sviluppatore non è mai riuscito a ritrovare in altri titoli più o meno famosi.
Forse, come spesso accade con queste “sparate”, la parte più interessante non consta tanto nella provocazione ma, piuttosto, nell’effetto e la discussione che ne scaturisce.
Ho scorso velocemente gli ultimi commenti e devo dire che mi ritrovo in alcune idee esposte.
E dato che non è nel mio stile gettare il sasso e nascondere la mano, provo ad esporre un mio pensiero.
Prima ancora, come si suol dire, piatti chiari amicizia lunga.
Non sono né un grande esperto dei giochi MMO, né un estimatore, tutt’altro.
Trovo che, nonostante nascano con l’intento di aggregare persone provenienti da tutto il globo, senza distinzioni sociali, culturali, economiche (ed è il lato in qualche modo anche “ammirevole” che vorremmo vedere replicato società di cui facciamo parte), finiscano poi per immergerle eccessivamente in un mondo parallelo che rischia di diventare però la “nostra vita reale”.
Ovviamente, come qualsiasi altra cosa, è una questione di misure. Sta a noi controllare che una passione ed uno svago non diventino eccessi.
Ma è altrettanto vero che uno strumento può prestarsi intrinsecamente a questa trasformazione “perversa” e persone magari psicologicamente più fragili ci possono cadere.
In più, provengo storicamente da un’età in cui il videogioco era single player o tutt’al più diventava double player nelle infinite sfide sui coin-op di Street Fighter, Mortal Kombat ecc.
Con l’arrivo della PSX e delle nuove generazioni la sala giochi si è trasferita nel salotto di ciascuno di noi, ma la sostanza non è cambiata poi molto.
A pensar male, potremmo dire che Garriott parla in malafede, conscio del fatto che la sua creazione è stata soppiantata da altri titoli e che da allora nonostante la sua esperienza, talento, know-how, non sia riuscito in quasi quindici anni a sviluppare un titolo altrettanto innovativo e di successo.
Wikipedia nel 2008 riporta una quota dello 0.6% rispetto al mercato MMO. Numeri che parlano da soli.
Ci sono altri due aspetti da mettere in evidenza, ovvero:
1) I titoli multiplayer sono veramente solo incentrati sul kill, fight and collect?
2) E più in generale, che cosa vogliono gli utenti quando si trasformano in avatar?
Partiamo dal primo, forse anche il più facile.
La risposta per quanto mi riguarda è “ni”. Non conosco molto bene WoW per i motivi sopraindicati ma mi permetto di dire che non esiste solo questo così come le SW House si stanno concentrando anche su altri terreni di simulazione.
Second Life, può essere considerato un MMO? Sì, no, certo è che la riproposizione di uno schema di vita complessa all’interno di un ambiente totalmente virtuale non ripropone certo solo le dinamiche tipiche di un RPG o di un action.
Ma si potrebbero fare molti altri esempi, come le applicazioni che spopolano all’interno di un’infrastruttura da 500 milioni di iscritti qual è Facebook, ovvero Farmville e compagnia bella.
Il secondo, è esplicitamente soggettivo.
In generale, IMHO, un giocatore ricerca dell’evasione, situazioni che non potrebbe vivere nella realtà ma che lo divertono, lo distraggono nel più “nobile” senso possibile, il divertissement di pascaliana memoria.
Il fantasy stesso nasce per questo motivo e quindi, di conseguenza Ultima Online stesso.
Però il mio concetto di evasione e divertimento possono benissimo non coincidere con quello degli altri.
Le mie esperienze online si concentrano soprattutto intorno agli RTS ed in particolare Starcraft.
Ho sempre adorato la possibilità di applicare la tattica, la strategia in un contesto di tempo abbastanza ben definito all’interno di un mondo virtuale e soprattutto, da agonista, la possibilità di scontrarmi con un’altra persona per avere la meglio o anche il semplice gusto di competere.
Impersonare un pescatore non è esattamente il mio livello di aspirazione massima all’interno di un videogioco, preferisco mandare in esplorazione un Ghost Terrain ed in modalità stealth lanciare una bomba atomica sulla base nemica.
L’importante è che ci sia varietà e credo che il panorama dei videogiochi non sia poi così stantio, come afferma Garriott.
Ma naturalmente questa è solo la mia modesta opinione.
E la vostra?