Chi ha vissuto da smanettone in erba gli anni ’80 e i primi anni ’90, ricorda che il solo nominare la terra del sol levante bastava per evocare le fantasie tecnologiche più sfrenate: computer dotati di capacità grafiche mai viste in occidente con design esotici (quale miglior esempio dello Sharp X68000), meticciati con le console del momento (vedasi il Sega Teradrive), o dotati di futuristiche tecnologie ottiche (come l’FM-Towns) o ancora miniaturizzati eppure capaci di performance spettacolari (è il caso del PC-Engine GT).
Il prodotto di cui vorrei parlarvi oggi non fa eccezione a questa regola salvo che, a differenza dei prodotti succitati, perlomeno intravisti in foto a bassa definizione su riviste del calibro di K e TGM, ne sento parlare per la prima volta con una ventina d’anni di ritardo: parliamo del WristMac, alias Seiko RC-4500.
Esteriormente WristMac (1988) si presenta come uno dei tanti orologi digitali superaccessoriati giapponesi, molto di moda fra gli smanettoni dell’epoca. Con l’eccezione che, alla pletora di funzioni inutili o perlopiù inutilizzabili che cotante cipolle mettevano a disposizione degli appassionati utenti, WristMac ne aggiungeva una di non poco conto: il supporto al protocollo AppleTalk (a differenza del resto della gamma Seiko), che gli rendeva possibile scambiarsi dati con un Mac via porta seriale.
Era così possibile avere sempre con sé calendari, rubriche, to-do e appuntamenti creati su Mac: una funzione di non poco conto, che valse al “Mac da polso” un posto da astronauta nella missione Shuttle STS-43.
Il tutto a un prezzo di circa 250 dollari dell’epoca: nemmeno troppo per un oggetto che avrebbe consentito a chiunque l’incoronamento istantaneo a re dei nerd del quartiere!