Un raggruppamento di industrie chiamato Open Geospatial Consortium ha recentemente definito il formato KML come uno standard internazionale per la descrizione di alcuni dati geografici. Per Google, inventore del formato, è un traguardo importante, che sul blog ufficiale paragonano, forse esagerando, con la nascita di HTML.
Nato come semplice formato di esportazione per liste di luoghi su Google Earth, il formato KML ha rapidamente trovato una propria vita anche fuori dal programma di Mountain View ed è infine giunto a questo traguardo.
Il primo punto fondamentale è che con questa ufficializzazione Google non è più il proprietario del formato: questo significa che potrà solo proporre cambiamenti, come può fare chiunque altro al mondo, ma che l’ultima parola spetta all’OGC.
Lo scopo principale di questa mossa è evitare la frammentazione e la moltiplicazione dei formati, giacché al momento esistono molti attori che hanno adottato KML nei propri prodotti (Microsoft Live Maps – paradossalmente – accetta file KML per creare layer sovrapposti alle proprie mappe in visualizzazione), ma anche molte persone che per via del nome ingombrante di Google non l’hanno adottato, forse anche per paura di cambi repentini al formato che fino a qualche giorno fa potevano essere apportate senza preavviso da Big G.
In secondo luogo l’aiuto di Galdos, azienda specializzata nei software GIS molto conosciuta nel settore, ha sicuramente giovato all’intero processo dandogli una credibilità maggiore. L’apporto di Galdos ha permesso di rendere standard il KML a partire dalla versione 2.2, le cui specifiche possono essere da ora in poi trovate sul sito dell’OGC. Dal mio punto di vista Google ha voluto dare una risposta alla recente questione di OOXML standard ISO, e lo ha fatto in un campo in cui è molto forte e in cui poteva giocare la partita a tutto campo: quello dei geodati.
Sebbene tutti e tre i colossi (Google, Microsoft e Yahoo) abbiano un sistema di mappe online, Google è l’unica che ha anche un sistema client di tutto rispetto che affascina molto sia gli addetti ai lavori e le imprese sia i comuni cittadini, e riceve continuamente apprezzamenti vari (recentemente Sir David Attemborough si è detto favorevole e entusiasta dei sistemi di Google per la geografia).
L’ultima verità è che la geolocalizzazione è la nuova frontiera dell’IT e del web, e che oggi e soprattutto domani sarà imprescindibile avere tutti i dati georeferenziati: per poterli aggregare o ricercare a livello locale, o per poterli rappresentare in forma geografica; per essere esportati tra device e sistemi diversi o per essere sovrapposti a cartografie nuove: il futuro è sempre più un puntino su una mappa.