Windows 7 è ormai sempre più spesso oggetto di articoli e riflessioni, visto l’avvicinarsi della sua data di rilascio (fine 2009 – inizio 2010), e ciò consente di iniziare a compiere anche alcune valutazioni commerciali.
Windows Vista è stato il primo sistema operativo su cui Microsoft ha operato una “pacchettizzazione” delle funzioni, producendo ben cinque versioni del popolare sistema operativo.
Vista ha estremizzato quanto timidamente tentato con XP Home e Professional, che differivano per alcune “mancanze” nella versione Home che si riteneva fossero funzioni di interesse prettamente aziendale (come la capacità di loggarsi in reti con dominio).
Su Windows Vista, invece, le differenze tra le varie versioni sono notevoli e tra loro c’è spesso un abisso di funzioni e programmi. Il problema di questo approccio è stato togliere funzioni che potevano interessare anche l’utenza consumer, per rederle un’esclusiva delle versioni business. Si pensi ad esempio alle funzioni di file recovery, forse molto più interessanti per l’utente domestico piuttosto che l’utente aziendale, spesso dotato di backup centralizzato.
Su Windows Server 2008 Microsoft ha scelto invece un approccio un po’ diverso, che consiste nel dividere in “moduli” i vari componenti del sistema operativo (come Active Directoy, Print Server, ecc.) e lasciare decidere all’utente cosa installare. Ciò consente di creare una piattaforma di licensing personalizzata (paghi solo ciò che effettivamente usi) e di ridurre i rischi (meno servizi installati, meno rischi di exploit).
È ovvio che un approccio così “tecnico” alla questione licenza è poco praticabile nel mondo consumer, nel quale già oggi molti faticano a comprendere le differenze tra Home Premium e Ultimate, figuriamoci se saprebbero scegliere, voce per voce, i componenti da installare (e pagare).
A mio avviso un modello innovativo, senza rompere troppo con il presente, potrebbe essere quello di partire da due versioni base (più una terza “Ultimate”), una consumer e una business, a cui aggiungere funzioni e software a pagamento con modello subscription per, ad esempio, i servizi Live.
Mi spiego: è difficile convincere la gente a pagare per avere un software e basta, mentre è più facile convincerla a pagare (ripetutamente e nel tempo) per un software legato ad un servizio.
Pensiamo a Microsoft Windows Live Gallery, la versione “più web oriented” della già presente Photo Gallery di Windows. Questo software potrebbe essere offerto a pagamento e oltre al prodotto in sé, potrebbe essere dato all’utente spazio web su cui caricare e condividere con gli amici le foto.
Un approccio di questo tipo, inoltre, consentirebbe a Microsoft di svincolare molte applicazioni dal ciclo di vita dell’OS. Outlook Express ha dovuto attendere sei anni per essere aggiornato da Windows Mail, ma se accettiamo il concetto di separare il software dall’OS potrebbe essere aggiornato molto prima e seguire un ciclo di vita tutto suo.
Infine, sempre in questa direzione, si eliminerebbero i rischi di un’ennesima causa con l’antitrust, che si “arrabbia” se includi troppo software nell’OS, ma non può dire nulla se lo offri come download (gratuito o a pagamento) successivo.
Insomma, è chiaro che la nuova versione di Windows dovrà proporsi sul mercato con un licenxing accattivante e rimediare alla confusione generata da Windows Vista, peraltro recentemente peggiorata col caso Vista Capable .