La consapevolezza ha vari gradi, che dipendono dalla cultura, dall’educazione e dalla sensibilità personale, ma è assolutamente vero che l’antico detto “toccare con mano” ha il suo perché: per lavoro sviluppo siti web per la pubblica amministrazione e come forse saprete da qualche anno esiste una legge (cosiddetta “Legge Stanca”, o legge 4/2004) che obbliga le P.A. a dotarsi di siti accessibili secondo lo spirito del legislatore e rispettando i 22 requisiti del suo famoso allegato. Nei giorni scorsi ho avuto modo di conoscere un non vedente e osservarlo mentre naviga sul web.
Sotto alla tastiera, poco distante dalla barra di spazio, il non vedente applica una barra che traduce in alfabeto braille il testo a video; mi hanno spiegato che ne esistono di vari tipi, e che quelli che si applicano sotto alla tastiera sono quelli che evitano al non vedente di doversi muovere troppo; esistono con 20 o 40 caratteri, in grado di riportare mezza o una intera vecchia riga di DOS alla volta, e di solito anche una o mezza riga di Word.
L’alfabeto Braille non è una invenzione dell’era dei computer, ma prima di essi i non vedenti dovevano affidarsi a qualcuno che stampasse per loro i testi in braille su un cartoncino punzonato: quel che non era scritto in braille non lo sarebbe mai stato finché qualcuno non lo avesse “tradotto” e punzonato; la tecnologia della barre braille invece effettua la traduzione istantanea, e sulla barra ci sono dei cilindretti (otto per ogni lettera) che si alzano e abbassano ogni volta che si cambia riga e riproducono il testo sullo schermo.
Il cursore stesso è un puntino che si alza a intermittenza – simulando il lampeggiare – e consente all’utente di conoscerne la posizione rispetto al testo. Concorderete con me che questo rappresenta un passo avanti decisamente superiore rispetto alla trasposizione su schermo di quel che era per noi la macchina da scrivere.
Un altro tipo di traduzione è la sintesi vocale, che permette di lanciare e usare programmi, leggere testi e fogli di calcolo e navigare sul web, a patto che i siti siano fatti con criterio. Il sintetizzatore vocale (quello che mi hanno mostrato è Jaws, il più popolare) è un classico caso di software a cui l’essere umano deve adattarsi e non viceversa; poiché gli studi di usabilità del software sono limitati, ogni non vedente sviluppa una propria strategia in merito a come muoversi con Jaws e come porsi rispetto ai siti web che naviga.
Sebbene esistano funzioni pensate con uno scopo, mi è stato detto che non sempre l’utilizzo che viene fatto corrisponde a quello per cui era pensato. La cosa terribile di Jaws è la scarsità della voce di output: ha la stessa voce di un robot prodotta da un qualsiasi text-speech per Amiga 15 anni fa. Quella femminile non è molto migliore, e pare non ci siano alternative. Eppure i navigatori satellitari ci hanno insegnato che non è molto difficile produrre voci gradevoli e amichevoli, pur con le dovute differenze dovute alla natura fissa delle frasi dei GPS e a quella estremamente versatile che uno screenreader come Jaws deve avere.
In conclusione sono rimasto affascinato dalle possibilità che la tecnologia offre ai disabili, anche se ancora molta strada è da percorrere, e dalla forza d’animo che aiuta molti di loro a superare le difficoltà tecniche insite in questi strumenti; ho una consapevolezza maggiore di quel che devo fare per aiutare queste tecnologie assistive a compiere il loro dovere e sono rimasto stupito apprendendo da professionisti del settore che il mondo open source degli strumenti informatici per disabili non ha dietro una comunità vasta come si potrebbe immaginare: la maggior parte dei prodotti sono sviluppati da persone che hanno avuto o hanno un contatto diretto con le malattie, amici o parenti, e faticano a trovare supporto.
Certo, dietro non c’è la DARPA che può finanziare un braccio robotico, ma nessuno lo chiede: basterebbe una maggiore consapevolezza di quel che c’è intorno a noi, spesso a pochi passi, e di come piccole cose possono rivelarsi grandi aiuti per i disabili, specialmente nel campo tecnologico.