Si narra di un tempo in cui dalle parti di Cupertino, Steve Jobs, con un manipolo di progettisti hardware e designer, sbirciava nella vicina sede della Olivetti per carpire i segreti di un’azienda che, oltre a rappresentare una punta di diamante mondiale nell’innovazione tecnologica, era un punto di riferimento assoluto anche per il design industriale.
Proprio nella prima metà degli anni ’80, dal genio del R&D Olivetti, nacque il glorioso e vendutissimo M24, primo PC totalmente IBM compatibile in un mercato popolato di quasi-compatibili; un computer che rappresenta secondo molti l’ultima pietra miliare che l’industria informatica italiana sia riuscita a imporre in un settore di lì in poi monopolizzato dai produttori americani ed estremo orientali.
In vendita dal 1984, l’M24 raccoglieva l’eredità del precedente M20 (1982), un computer molto avanzato – anche dal punto di vista del design, curato da Ettore Sottsass – ma di scarso successo commerciale, a causa dell’impiego di un’architettura hw/sw proprietaria (CPU Zilog Z-8001, OS PCOS di Olivetti), che lo escludevano dal sempre più ricco parco software per IBM.
Memore dell’insuccesso dell’M20, Olivetti sviluppò il successivo M24 con l’obiettivo di essere al 100% compatibile con i PC IBM: detto fatto, il sistema – assemblato presso lo stabilimento di Scarmagno (TO) – garantiva piena compatibilità con le applicazioni Lotus 1-2-3 e MS Flight Simulator, forche caudine per gli altri “compatibili”.
La dotazione hardware prevedeva una CPU Intel 8086 a 8Mhz, più potente del misero 8088 a 4.77Mhz che equipaggiava il più costoso IBM XT, in quanto capace di operare su un bus a 16bit; completavano il quadro ben 7 slot di espansione contro i 3 dell’XT, interfacce seriale e parallela di serie, una tastiera più completa (102 tasti contro gli 83 della tastiera standard IBM), risoluzione video più elevata (fino a 640×400), memoria di 128kb espandibile a 640, 2 floppy da 5 e 1/4 e la possibilità di collegare due hard disk da 10Mb, uno interno e uno esterno.
Complessivamente l’M24 era in grado di lasciare nella polvere la concorrenza sul fronte prestazionale (si parla di prestazioni circa doppie rispetto all’IBM XT), restando nel contempo capace di soddisfare le esigenze del segmento corporate in termini di compatibilità con le applicazioni e gli OS più diffusi: oltre al “classico” MS-DOS 2.11, era infatti supportato il CP/M 86, il semi-sconosciuto UCSD P-System basato sul Pascal, e il PCOS di Olivetti. Tutto questo in un’epoca in cui la rivoluzione informatica era in pieno corso, le aziende italiane iniziavano a sentire il bisogno di strumenti più potenti per la gestione dei processi interni e lo stato garantiva, complici anche delle pratiche di appalto non proprio trasparenti, una forte domanda interna.
Il successo di M24 non fu tuttavia solo italiano: una partnership con AT&T ne permise l’esportazione nel più evoluto mercato statunitense – sotto il nome di AT&T PC-6300 – dove il computer vendette bene, al punto da rendere per qualche tempo la Olivetti secondo produttore al mondo di PC.
Forse seduta sugli allori degli appalti facili, di certo mal gestita da un management politicizzato e inadatto alla competizione internazionale, ai tempi dell’M24 la Olivetti era tuttavia già uscita dal suo periodo d’oro. Un rafforzamento della concorrenza sul mercato PC e la successiva crisi economica nazionale, avrebbero ben presto relegato al ruolo di bel ricordo quel tempo in cui, per individuare lo stato dell’arte del mondo tecnologico, bisognava guardare anche in Italia.