La percentuale di italiani connessi ad internet con la “banda larga” è del 10% sul totale della popolazione (contro una media dell’Europa a 27 del 16%), ma per fare una riflessione compiuta bisogna anche vedere quanto è “larga” questa banda.
La stragrande maggioranza di questa banda larga in Italia è data da connessioni ADSL che, come la sigla stessa sottolinea, sono connessioni asimmetriche, cioè la banda in upload è diversa da quella in download.
Basti pensare ad Alice 20 Mega che, in linea teorica, consente di scaricare a ben 20 Mega (il doppio della fibra ottica Fastweb ), ma concede un’avara banda in upload 40 volte meno di quella in download: 512 Kbps.
Come molti sapranno anche quando si scarica si utilizza la banda in upload, in quanto per ogni pacchetto ricevuto il nostro PC dice alla rete “Ok, l’ho ricevuto in modo corretto, mandamene un altro”. È chiaro che se abbiamo una banda in uscita strozzata, non riusciremo a tenere testa alla velocità di download. Gli operatori fanno però leva sul valore di download perché sanno che l’utente medio, poco informato, guarda più quel dato che la qualità della connessione nel suo complesso.
A ciò si aggiunge il fatto che oggi anche l’utente medio fa uso di Skype e carica qualche foto/video su vari siti di sharing. Inutile dire che questo genere di applicazioni risultano rallentate e spesso inibiscono qualsiasi altro uso della rete internet all’utente, in quanto tutta la banda in uscita è satura.
All’estero la situazione è diversa, molto spesso gli operatori propongono la banda larga sotto forma di connessioni DSL , cioè simmetriche con velocità di download e upload uguali. Altri offrono sì soluzioni ADSL, ma sono molto più generosi con la banda in uscita che, come minimo, dovrebbe essere di 1-2 Mega per soddisfare le moderne esigenze dell’utente comune.
Questa mia breve riflessione vuole sottolineare un aspetto molto importante dei dati delle statistiche che si leggono di tanto in tanto. Non basta guardare le percentuali di penetrazione sul territorio e sulla popolazione della banda larga, ma occorre anche verificarne la qualità perché è proprio sulla capacità di consentire agli utenti di condividere i propri contenuti che si gioca la forza della banda larga.
È chiaro che per uscire da questa situazione, in cui neppure le “strozzate” 20 Mega spesso funzionano bene, occorrono sensibili investimenti sulle infrastrutture, spesso vecchie di mezzo secolo, per renderle capaci di sostenere gli attuali (e futuri) carichi. Difficile però che Telecom Italia se ne faccia carico da sola (dato che poi dovrebbe condividerne i vantaggi con tutti gli altri operatori), forse gioverebbe molto uno scorporo reale tra rete e operatore, ma questa è un’altra storia.