I conti della MPAA per l’anno 2007 registrano un record assoluto, con un incremento delle entrate al botteghino del 5.4% rispetto al 2006, per un incasso totale di 9.63 miliardi di dollari. Niente male per un’industria che da anni piange miseria, arrivando a dichiararsi in punto di morte per indurre legislatori ed ISP ad un crackdown definitivo sul file sharing.
In una delle dichiarazioni più drammatiche, i portavoce della MPAA sono infatti arrivati ad addebitare alla pirateria, mancati profitti per ben 7 miliardi di dollari. Coerentemente con queste stime, l’associazione ha scatenato una colossale tempesta di FUD, trascinando in tribunale utenti finali, scuole e studenti americani.
Come sempre c’è un piccolo “trucco” nel calcolo di queste titaniche perdite.
Si tratta dell’equivalenza fra file scaricati e danaro non incassato. Se si parte dall’idea che per ogni film scaricato o acquistato al mercatino della stazione ferroviaria, vada calcolata una perdita equivalente al costo della proiezione cinematografica, o magari al costo dell’acquisto del DVD, immagino non sia difficile arrivare a somme astronomiche.
Il punto è che questa equivalenza è del tutto arbitraria, in quanto fondata sull’assunto che chi scarica un film, prima di accorgersi di poterlo reperire su Internet, sia in procinto di andarlo vedere al cinema.
Se a me e a voi questa equivalenza sembra tutt’altro che ovvia, sarebbe il caso di iniziare a chiedersi come mai i nostri politici continuino a ritenerla plausibile, insistendo sulla penalizzazione di un fenomeno che alla prova dei fatti ha dimostrato di avere poco a che vedere con l’andamento del business cinematografico. Il che non significa affatto che sia legittimo guadagnare dalla distribuzione illegale di opere protette. Ma non è il lucro il fine del P2P, giusto?
Fonte: Ars Technica