Anche questo weekend è arrivato, e con lui un nuovo appuntamento dell’ormai acclamata serie giurassico informatico. Mettetevi comodi, munitevi di una tazza di the o caffè, e se fumate, è il momento di accenderne una. Vorrei raccontarvi la storia e i retroscena di una pietra miliare nell’evoluzione dell’informatica di consumo: l’Amiga 1000.
Venuto alla luce nel 1985 e precedentemente conosciuto col nome in codice Lorraine, ha scosso il panorama informatico con soluzioni tecniche rivoluzionarie, a partire dall’architettura interna, che per prima faceva uso di un sistema di coprocessori altamente specializzati, coordinati da una CPU che metteva semplicemente vergogna ai meschinelli 8088 allora in circolazione: il Motorola 68000.
Il 1000 è il primo modello della famosa serie Amiga, che avrebbe conosciuto una grande popolarità col successivo 500, ahimè ingiustamente assimilato ad un successore del C64 più che ad una macchina dalle grandi potenzialità a 360°.
La potenza offerta dalla macchina, nata dalla creatività di Jay Miner e morta, anni dopo, per l’ottusità manageriale della Commodore, era tale da incutere un forte timore anche nella già titanica Apple, come ammise nel 1996 Jean Louis Gassee, executive della mela dall’81 al 90 e poi padre del misconosciuto ma potentisimo BeOS.
Vi basti pensare che nel 1985, Amiga 1000 offriva a 1295 dollari più il monitor, un OS e un hardware in grado di gestire il multitasking reale, una palette di 4096 colori e un sonoro di altissima qualità. La concorrenza consisteva nell’Macintosh 512K – 2495 dollari, schermo da 9″ monocromatico e potenza di calcolo neppure paragonabile – o nell’IBM PC XT, $ 2145 per un letargico 8088 a 4.77Mhz, con monitor a fosfori verdi e un gracchiante beeper per la gestione del suono. Credetemi, particolarmente nel caso dell’IBM, era come paragonare una Porsche a una Simca.
A differenza dei modelli successivi, l’Amiga 1000 veniva fornito con soli 256Kbyte di memoria. La memoria disponibile era in realtà di 512Kbyte ma, un’area di 256K era riservata al kickstart – una sorta di BIOS – che, invece di risiedere in una ROM dedicata, veniva caricato all’avvio con un floppy, prima di poter lanciare qualunque altra applicazione.
Come risultato di questa peculiare scelta tecnica, l’Amiga 1000 resta l’unico della famiglia a poter girare, senza sostituire il chip dedicato, con varie versioni di kickstart, dalla originale 1.0 alla pressoché sconosciuta 1.4 – ultima ad entrare in 256k di memoria – guadagnando una flessibilità d’uso sconosciuta ai successori.
Come già alcune versioni del Macintosh, anche l’Amiga 1000 reca al suo interno le firme dei suoi ideatori: gente che ha eroicamente combattuto il sonno con litri di caffè, musica rock e danze propiziatorie, per rispettare i tempi di consegna del prototipo.
Se il timone della Commodore – orfana tra l’altro del grande Jack Tramiel, passato nel frattempo alla Atari – non fosse stato in mano a un management che porterà per sempre lo stendardo dell’incompetenza informatica, oggi forse Apple avrebbe un temibile competitor, e il mercato godrebbe di una grande alternativa. Così non è, ma a noialtri nostalgici e/o curiosi resta, oltre alla possibilità di portare a casa un Amiga 1000 via eBay (come ha fatto il sottoscritto), anche una ricca documentazione di video e approfondimenti:
– Computer Chronicles, una delle più famose trasmissioni informatiche USA del passato, oggi depositata nell’Internet Archive, ha parlato molto dell’Amiga;
– Ars Technica ha dedicato all’Amiga una lunga retrospettiva, composta finora di 6 capitoli.
Intanto godetevi lo spot di lancio e ditemi se riuscite a trattenere una lacrima…
La storia dell’informatica, come vi racconterò nei prossimi capitoli della rubrica, è costellata di prodotti rivoluzionari finiti nel dimenticatoio o magari nemmeno nati. Segno che in questo settore, conta più il marketing della superiorità tecnologica, per costruire un prodotto di successo.