Per molti potrà suonare come una storia vecchia, o comunque “trita e ritrita”: il mondo occidentale sta diventando sempre più obeso e pigro, per averne una prova basta guardare i prodotti e i servizi che l’era moderna (anzi post-moderna) ci sta offrendo.
Prendiamo il commercio elettronico: con pochi click possiamo evitarci lo sforzo e lo stress di uscire di casa per comprare ciò di cui abbiamo bisogno, tenendoci al riparo dal caos metropolitano a grave discapito della bilancia e di quante calorie bruciamo rispetto a quelle che assimiliamo.
Una forma di pigrizia che ci porta ad usare l’ascensore anche per scendere o salire di un piano e probabilmente a prendere la nostra auto soltanto per raggiungere il giornalaio (tesi che comunque confuta quanto precedentemente detto sull’e-commerce).
Vorrei però fare un un passo indietro, mettendo da parte facili luoghi comuni per parlare di un piccolo robot costruito nel cuore del Giappone, presso l’Honda Wako Research Center.
Nato da una costola di ASIMO, l’Honda U3-X (questo il nome esatto) è un sistema di mobilità personale a propulsione elettrica, riconducibile ad una sorta di “monociclo 2.0” che fa uso di sofisticati sensori per interpretare la volontà del conducente.
Come funziona? Molto semplice: il sistema riesce a rappresentare nello spazio il proprio baricentro, tenendosi in equilibrio tramite micro-spostamenti della particolare ruota installata. Il conducente non deve far altro che “protendersi” nella direzione desiderata per innescare nel sistema una reazione di correzione, necessaria a riportare il monociclo in equilibrio verticale.
La risultante è un movimento pari allo squilibrio innescato dal conducente: più ci si protende in una direzione, più l’Honda U3-X si muoverà su quell’asse.
Fin qui siamo sul piano teorico, ma quali potrebbero essere gli utilizzi pratici? Il primo e più importante riguarda una “sinergia” con il mezzo pubblico: il raggiungimento e l’attesa presso le fermate potrebbe avvenire comodamente da seduti, aumentando decisamente l’efficacia di questa soluzione. Un effetto secondario potrebbe essere la riduzione delle fermate sul territorio, organizzando punti di raccolta più ampi a distanze maggiori: a guadagnarne sarebbe la velocità media di questo tipo di trasporto e la sua efficienza.
Un indirizzo secondario è verso le persone che soffrono di scarsa mobilità, concludendo un percorso intrapreso già nel 1999 con un sistema di gambe/esoscheletro. In questo caso le persone più anziane potrebbero ritrovare la possibilità di muoversi in modo autonomo e indipendente, alleviando in parte quello che in gergo viene chiamato “il peso della vecchiaia”.
…Una domanda però nasce spontanea: dopo millenni di evoluzione e il sudato traguardo dell’Homo Erectus, perché aumentare ulteriormente le ore da passare seduti?