Per comprendere pienamente come funziona qualcosa bisogna guardarci dentro. Questo lo si capisce fin da quando si è bambini curiosi e si rompono tutti i giocattoli che ci arrivano sotto mano. Spesso non è possibile, però, rompere l’oggetto delle nostre osservazioni per vedere cosa c’è dentro: pensiamo al corpo umano. In questo caso si usano quindi sistemi alternativi, come i raggi X, per vedere cosa sta succedendo all’interno del corpo.
Similarmente, anche i corpi celesti racchiudono le più importanti informazioni sul loro funzionamento al proprio interno. Anche in questo caso non è possibile spaccare l’oggetto per vedere cosa succede dentro, e serve quindi un altro mezzo per sondarne le interiora. Forse una delle più grande scoperte degli ultimi cinquant’anni è riassunta da una frase di Lawrence Krauss, Sheldon Glashow e David Schramm in un importantissimo articolo sulla rivista Nature: “Se vi sono nei cieli e nella Terra più cose di quelle che noi uomini possiamo immaginare con la nostra filosofia della natura, è in parte perché la rivelazione della sola radiazione elettromagnetica è inadeguata a studiare la natura”. Studiando il Sole con radiotelescopi, ultravioletti e radiazione visibile possiamo avere un’idea del suo funzionamento, ma è solo con lo studio dei neutrini solari che siamo stati in grado di ricostruire con precisione le reazioni che sono la sorgente dell’energia solare.
La Terra è un corpo celeste come tanti altri, e anch’esso può essere studiato attraverso i leggerissimi neutrini che, nel caso specifico, prendono il nome di geoneutrini.
Vi è in particolare un mistero della fisica Terrestre che i neutrini potranno aiutarci a risolvere, ed è la produzione del calore. La Terra viene suddivisa in cinque gusci: il core, il mantello, la crosta oceanica, la crosta continentale e il sedimento. Tutti questi strati, a parte il core esterno, sono solidi. Il mantello, però, seppur sia allo stato solido, ha dei moti convettivi, che sono la causa di fenomeni terrestri come la tettonica a zolle e i terremoti.
La Terra ri-emette nello spazio la radiazione, sotto forma di calore, che riceve dal Sole (1.4 kW/m2), e vi aggiunge una piccola quantità di calore che viene creata al suo interno (circa 80 mW/m2).
Misure effettuate tramite profonde trivellazioni (la più profonda è arrivata a circa 12 km, 1/500 del raggio terrestre) hanno permesso di stimare la totale emissione di calore della Terra 44.2 TW (tera watt) di potenza, che possono ridursi a 31 TW utilizzando diverse ipotesi di flusso di calore vicino alle dorsali medio-oceaniche). Queste stime si basano su misure di conduzione di calore e gradienti di temperatura lungo la crosta terrestre.
L’origine di questa potenza (che equivale a circa 10mila centrali termoelettriche) è ancora ignota. Si sa che una frazione piuttosto elevata di questo calore (dal 60% in su) può trovare la propria origine nella radiazione nucleare, in particolare nel risultato del decadimento delle catene dell’Uranio 238, del Torio e del Potassio 40. In particolare vediamo come le seguenti reazioni rilascino energia in eccesso:
238U → 206Pb + 84He + 6e + 6νbar + 51.7 MeV
232Th → 208Pb + 64He + 4e + 4νbar + 42.8 MeV
40K + e → 40Ar + ν + 1.513 MeV (11%); 40K →40Ca + νbar + e + 1.321 MeV (89%)
Dove l’energia è espressa in megaelettronvolt, “e” rappresenta un elettrone e “νbar” un antineutrino (l’antiparticella del neutrino). Per sapere quanto veramente queste reazioni pesano nel rilascio energetico della Terra, dobbiamo sapere qual è la loro quantità relativa nei diversi strati della Terra descritti prima.
Si capisce dalle reazioni citate che misurando gli antineutrini prodotti e il loro spettro energetico è possibile ricostruire con precisione la quantità di questi elementi, come vediamo nel grafico qui a sinistra, che mostra come le distribuzioni energetiche dei neutrini generati dalle diverse reazioni differiscano notevolmente gli uni dagli altri.
La linea verticale indica la soglia energetica dell’esperimento KamLAND, che ha misurato per primo i geoneutrini, pubblicando questo importantissimo risultato su Nature. Questo limite inferiore (che cme vedete esclude i neutrini provenienti dal Potassio 40) è dovuto al fatto che si rivela l’antineutrino quando questo “sbatte” contro un protone, trasformandolo in un neutrone. Siccome il neutrone è più energetico del protone, succhia dell’energia al neutrino, che deve avere almeno 1.804 MeV per poter dar vita a questo processo (che si chiama Beta inverso): νbar + p → n + e+ -1.804 MeV. KamLAND ha pubblicato un’interessantissimo risultato, misurando 73 ± 27 geoneutrini, ma lo scopo principale di quell’esperimento è di misurare antineutrini provenienti dalle 53 centrali nucleari presenti nelle vicinanze del rivelatore.
Questo è interessante per diversi scopi, ma rappresenta un grande limite per lo studio dei geoneutrini, innalzando molto il rumore di fondo. Al contrario, l’esperimento Borexino è molto lontano da altre sorgenti di antineutrini, come le centrali nucleari, ed ha di conseguenza un segnale molto più pulito.
Borexino, costruito un chilometro e mezzo sotto la roccia del monte Gran Sasso, è costituito da una sfera di acciaio contenente mille tonnellate di un idrocarburo (lo pseudocumene) immersa in 2.400 tonnellate di acqua ultrapura. All’interno, una sfera di nylon più piccola contiene 300 tonnellate di liquido scintillatore in cui avviene la reazione vera e propria che ho descritto poco fa.
Il processo è schematizzato nell’immagine a destra.
Borexino ha concluso la raccolta dati lo scorso Dicembre e ha rilasciato da pochissimi giorni i primi eccitantissimi risultati: sono riusciti a misurare, con una precisione ancora non raggiunta in precedenza 9.9 geoneutrini, con un’incertezza di +4.1 -3.4.
Questo risultato si aggiunge alle misure già fatte da KamLAND, arricchendole di una precisione molto maggiore, ma non è ancora sufficiente per rispondere completamente alla domanda di quanto la radiazione nucleare possa pesare sulla produzione del calore terrestre.
Gli scienziati di Borexino mostrano come i propri risultati siano sufficienti ad escludere con un livello di confidenza del 95% la presenza di una sorta di reattore nucleare naturale nel centro della Terra che, secondo le ipotesi, sarebbe in grado di produrre dai 3 ai 10 TW di potenza.
I risultati di Borexino sono in attesa di pubblicazione e attualmente reperibili dall’archivio scientifico online a questo indirizzo.