I videogiochi che offrono una consistente componente multiplayer, e che quindi creano facili opportunità di confronto, sono solitamente i più giocati nel corso del tempo. Penso ai vari World of Warcraft, Starcraft, Call of Duty, Counter-Strike, solo per citarne alcuni. Il tipo di impegno che i giocatori dedicano a questi prodotti è sano? Ci sono delle controindicazioni? Perché alcune persone sembrano dipendenti da questi videogiochi?
L’approccio a un videogioco, a mio parere, è sano quando si gode dei suoi aspetti artistici, dell’ambientazione e del mondo alternativo che offre, della collaborazione con gli altri giocatori nell’individuare la giusta tattica e nel mettere in pratica fattivamente le stesse tattiche.
Diventa malato nel momento in cui si cerca nei videogiochi quella competizione che è naturale nell’essere umano e che, per altri motivi, non si trova nella vita reale. Trasporre questo senso di competizione dalla realtà al gioco altera il modo di approcciarsi agli altri e provoca la dipendenza.
C’è un area del cervello che si chiama striato ventrale che nel momento in cui viene attivata provoca una sensazione di piacere. Molto spesso, purtroppo, quest’area viene attivata proprio quando si ottiene una competizione per il soggetto positiva, che ovvero lo fa sentire migliore dell’altro soggetto con cui ha un confronto. Se nella vita reale questo confronto può riguardare vari fattori sociali, nel videogioco riguarda appunto la realtà virtuale e lo status che è stato raggiunto nella virtualità.
Perdurare nel tempo questo tipo di confronto “irreale”, dunque, attiva lo striato ventrale in maniera tradizionale, consegnando la stessa sensazione di gratificazione. Si arriva quindi a uno stato in cui si perdono di vista gli elementi portanti del videogioco, quelli legati all’artisticità e al mondo di gioco di cui abbiamo parlato prima, per dare spazio esclusivamente alla competizione.
In questo senso i videogiochi, sopperendo ad una necessità che non si riesce a soddisfare nella vita reale, provocano un tipo di dipendenza simile a quella delle sostanze stupefacenti, all’alcool, al sesso.
“Il problema provocato dai videogiochi è il risultato della società in cui viviamo oggi”, ha detto Keith Bakker, fondatore e direttore del centro Smith & Jones di Amsterdam, che si occupa di uso compulsivo dei videogiochi. “L’ottanta per cento dei ragazzi che abbiamo avuto nella nostra clinica erano vittime di bullismo e si isolavano a scuola. Molti dei problemi che presentavano erano risolvibili con pratiche comunicative di vecchia tradizione”.
Alla luce di questo ragionamento, i videogiochi possono essere considerati pericolosi? Come in tutte le cose, la discriminante è il tipo di uso che se ne fa. Anche i film di Hollywood, da questo punto di vista, allora sarebbero pericolosi perché trasmettono l’idea di una società migliore di quello che effettivamente è, con il loro insistere sul finale sempre buono e giusto.
Una cosa fondamentale è recepire correttamente ciò che l’autore vuole trasmettere con il videogioco che propone, e valutare questo messaggio in base alle proprie esperienze. Faccio un esempio: Modern Warfare 2 è un gioco contro la guerra, in cui i protagonisti fanno di tutto per sconfiggere il male e far cessare la guerra stessa.
C’è una sequenza in cui il giocatore può liberamente aprire il fuoco sulla folla inerme, ma il fatto che il gioco metta l’utente di fronte a una scelta (ucciderli o non premere sul grilletto?) lo porta a ragionare su quello che sta facendo. Secondo gli autori, quindi, Modern Warfare è un modo per ragionare sul vero senso della guerra.
C’è un film, The Hurt Locker, che propone il tema della dipendenza dalla guerra insita nell’animo umano, una dipendenza che è simile a quella dei videogiochi, perché scaturita dall’innata tendenza dell’essere umano a creare la competizione. Secondo diversi studi, c’è un legame tra la tendenza alla guerra e la ricerca del sesso, ed è legato al tendere alla competizione e all’attivare l’area del cervello che genera la sensazione di piacere.
I produttori di videogiochi sfruttano il malessere sociale di alcune persone e quindi fondano la loro strategia di guadagno sulla dipendenza? Purtroppo stiamo andando nella direzione per cui molti giochi multiplayer sono fondati sull’acquisizione di esperienza e sul concedere dei distinguo estetici o prestazionali a coloro che hanno giocato di più. I più bravi hanno vantaggi che sono ben evidenti a tutti i giocatori.
Un gioco come World of Warcraft punta in maniera marcata su questo aspetto. Ma questo è l’unico modo per affrontare World of Warcraft? È necessario sentirsi il giocatore più forte del server per poter godere degli aspetti positivi di World of Warcraft?
Come abbiamo detto prima questo MMOG offre una straordinaria ambientazione e un mondo da esplorare, e ha tanti elementi artistici nel design e nelle storie. Sono questi gli elementi su cui Blizzard dovrebbe puntare di più e sono questi gli elementi che dovrebbero spingere il giocatore a continuare a giocare, prestando sempre attenzione a non incorrere nella dipendenza.