Al di là delle polemiche sulla qualità spesso scadente dei contenuti, l’elemento più dirompente di Wikipedia è proprio il suo aspetto partecipativo, colonna portante della “filosofia” 2.0.
L’approccio partecipativo al processo autoriale è un metodo che trascende la famosa enciclopedia aperta, ed ha acquisito lo status di “metodo” applicato alla creazione e diffusione di conoscenza: “wiki”.
Non mi dilungherò sulle centinaia di esempi basati su questo metodo nei più vari ambiti di conoscenza: dopo questa breve premessa, vorrei piuttosto soffermarmi sull’applicazione del “metodo wiki” all’editoria universitaria, in formato digitale.
Il metodo proposto da Macmillian è semplice: consentire ai docenti di editare i testi originali aggiungendo fonti, informazioni, esempi, aggiornamenti, il tutto senza chiedere il consenso all’autore.
I testi così modificati vengono quindi resi disponibili tramite le piattaforme di distribuzione convenzionate, prima fra cui è DynamicBooks.com, la pagina web dell’iniziativa.
Benché l’intervento avvenga a cura di soli esperti – evitando a priori l’effetto tipico di Wikipedia del friggitore di patatine che davanti al pc s’improvvisa ricercatore pluripremiato di questa o quella disciplina – la possibilità di fraintendimento e mistificazione dei contenuti è concreta e, a pensarci bene, piuttosto preoccupante.
Anche in ambito accademico infuriano polemiche di carattere poco scientifico e molto ideologico, come per esempio quella che ruota attorno al creazionismo, una delle “rivoluzioni culturali” portate in dote dall’amministrazione Bush, che va facendosi strada anche in Europa. In questa prospettiva – portata come esempio dalla fonte – il rischio che il nuovo strumento venga usato a fini mistificatori è concreto.
Se da un lato non è allo strumento che si può affidare il controllo e la soluzione di dispute che appartengono alla stessa definizione di “scienza”, dall’altro nuovi strumenti offrono nuove occasioni anche a chi fa della mistificazione un’occupazione a tempo pieno.
Ricorderemo questa notizia come un altro passo verso la fine del libro, o piuttosto come l’apertura di una nuova e luminosa epoca di collaborazione “trasparente” fra autori, docenti e ricercatori?
Fonte: NYTimes via Businessinsider