In questi giorni nella blogosfera spagnola si sta consumando una vera e propria rivoluzione pacifica e sapientemente organizzata, per contrastare il “canon digital”: la versione spagnola dell’italiano equo compenso.
Se da noi, infatti, l’equo compenso, cioè il balzello che si paga su ogni supporto CD o DVD vergine, è cosa data per scontata e che ha visto proteste cadute nel vuoto, in Spagna la mobilitazione è, invece, di proporzioni enormi.
Sono già state raccolte in poche settimane oltre 2 milioni di firme ad una petizione contro l’introduzione del canon digitale e su Facebook sono comparsi tre gruppi con migliaia di iscritti ciascuno, il tutto con lo scopo di interessare il Governo e fermare questa iniziativa che porterebbe milioni di euro nelle casse della SGAE (al SIAE spagnola) viziando il mercato e danneggiando consumatori ed aziende.
Già, come si nota in Italia ad essere danneggiati non sono solo i consumatori che pagano di più i supporti vergini, ma anche le aziende che sono costrette a chiudere perché sempre più spesso l’italiano compra all’estero, risparmiando. Sopravvive, dunque, solo chi lavora nell’illegalità, mentre la trasparenza viene punita.
Uno scenario triste e assurdo che si aggrava se si pensa alla causa di tutto questo. L’equo compenso è il compenso che viene pagato a SIAE per l’eventuale violazione del diritto d’autore che il possessore del supporto vergine potrebbe commettere: un mostrum giuridico.
Interessanti sono le proposte degli attivisti spagnoli, che non si limitano a dire “no” senza avanzare proposte alternative. Oltre alla radicale richiesta di non implementare l’equo compenso si chiede, laddove questo non fosse possibile, a distribuire il ricavato non agli intermediari (SGAE) ma direttamentea gli artisti, e comunque indicando al consumatore, nel prezzo di vendita, l’importo della tassa. Infine, a rigor di logica, è chiesto che sia abolita qualsiasi tecnologia anticopia, perché incompatibile con una tassa sulla copia.
Mi pare che questi attivisti, a cui va tutta la mia solidarietà, stiano dando un’ottima lezione sia di come si conduce una protesta seria, sia di come internet è oggi uno strepitoso e straripante strumento per fare valere diritti prima calpestati silenziosamente.