Proprio in questi giorni la Stanford University ha annunciato come Shelley, un’Audi TT adeguatamente equipaggiata, tenterà a Settembre la scalata della Pikes Peak, senza alcun pilota a guidarla.
La Pikes Peak, nome non nuovo per chi amava l’omonima Suzuki Escudo del videogioco Gran Turismo, è una cronoscalata che dal 1916 vede centinaia di partecipanti contendersi la salita da 1400 a 4300 metri su asfalto e sterrato, con 157 curve (fonte Wikipedia) prive di protezione, distribuite su una lunghezza di poco inferiore ai 20 chilometri.
Shelley seguirà la strada grazie a GPS differenziali (DGPS) in grado di indicare la posizione con scarti di circa due centimetri, mentre sensori d’inerzia e d’imbardata forniranno a complessi algoritmi le variabili necessarie per affrontare le curve in derapata, la stessa tecnica usata dai piloti professionisti su terreni a bassa aderenza.
Sembra quasi di tornare alla disputa Kasparov vs Deep Blue, ma la sfida è solo a distanza: la Pikes Peak International Hill Climb si terrà a Giugno mentre Shelley, che prende il nome da Michèle Mouton, la prima donna a vincere questa competizione, avrà la Pikes Peak tutta per sé subito dopo l’estate.
Una sfida che sembra entrare nel vivo, visto che fino ad oggi le vetture prive di conducente hanno sviluppato velocità medie molto basse: Stanley, la Volkswagen Tuareg progenitrice di Shelley che nel 2005 vinse il DARPA Grand Challenge, impiegò poco meno di sette ore per percorrere gli 11 chilometri di percorso previsto, decisamente troppi se pensiamo alle velocità medie tenute alla competizione, generalmente superiori ai 100 chilometri orari anche nelle classi “produzione”.
Al CARS di Stanford però sono fiduciosi: già nei mesi passati Shelley ha toccato le 130 miglia orarie (circa 210 chilometri l’ora) su un percorso di prova allestito nei pressi di Bonneville, sul lago salato già famoso per i record di velocità.
Questa differenza è dovuta principalmente ai sensori di guida: Stanley prevedeva telecamere montate frontalmente e algoritmi visivi di riconoscimento della strada, Shelley viceversa utilizza il satellite per conoscere in anticipo come affrontare le curve, facendo uso di telemetrie già memorizzate in precedenza per fissare i limiti fisici della vettura.
Non resta che attendere Settembre per sapere chi avrà ragione, nel frattempo Nobuhiro “Monster” Tajima, il detentore del record con un tempo di 10 minuti e un secondo, può dormire sonni tranquilli, almeno fino a quando la sua Suzuki XL7 Hill Climb Special, con i suoi 1000 cavalli, non sarà guidata da un computer.
In tal caso si potrebbe parlare di macchina infernale, o forse no?