Pubblichiamo un guest post di Lorenzo Tosetto
Volare è diventata una comoda e piacevole consuetudine: l’aereo non è più quell’oggetto sospeso su chilometri di vuoto che fino ad un paio di generazioni fa faceva paura ai più (i miei nonni tutt’ora tremano all’idea di salire su un aereo). Oggi, in attesa del teletrasporto (chissà…), gli spostamenti aerei sono statisticamente più sicuri ed efficaci, quantomeno su distanze importanti.
Eppure la paura del volo non è scomparsa, bensì si è spostata: dalla macchina all’uomo. La paura ora inizia dall’aeroporto, non dal decollo. E’ opinione diffusa che 9/11 ha inaugurato una nuova era nel terrorismo globale, e non è solo la legge, ma anche la la scienza a dover far fronte alle nuove minacce.
Sono ormai anni e anni che vedere attraverso le persone e gli oggetti è possibile, seppur non con i nostri occhi, ma con la supereroica vista a raggi X, o con l’ancor più indiretto metal-detector. Gli ultimi sviluppi sociali, tuttavia, hanno mostrato come qualcosa di più “invasivo” sia necessario per assicurare un volo sicuro ai passeggeri e i terroristi alla giustizia.
Una risposta al problema giace circa 6 ordini di grandezza di lunghezza d’onda più indietro, in una stretta regione di frequenze compresa tra IR e microonde (1-10 THz), chiamato “THz gap”. Questa regione fa da “ponte” tra dominio elettronico (le frequenze operative dei dispositivi elettronici moderni raggiungono infatti il centinaio di GHz) e il dominio ottico (dove la generazione di onde elettromagnetiche – e dunque di fotoni – con frequenze superiori a 10THz è affidata a transizioni elettroniche).
Ad oggi questa regione non è completamente accessibile a causa della mancanza di una sorgente a semiconduttore funzionante efficacemente a temperatura ambiente, seppur risultati estremamente promettenti vengano dall’utilizzo dei Quantum Cascade Lasers inventati 15 anni fa.
La definizione di THz gap tuttavia non va confusa con il regime THz di cui parla Eleonora Presani in attualmente sfruttato per i body-scanner: quest’ultimo è infatti la cosidetta regione millimetrica MMW.
L’interazione della radiazione THz con la materia presenta molte caratteristiche che la rendono un ottimo candidato nel campo della sicurezza (aeroportuale e non). In primo luogo, molti oggetti come contenitori in cartone, vestiti, scarpe, borse, etc… sono quasi completamente trasparenti al THz, il che significa che è possibile vederne nitidamente il potenzialmente pericoloso contenuto.
Uno dei problemi legati al sottoporre una persona ai raggi X è il danno che questa radiazione può arrecare alla salute. E’ stato dimostrato, tuttavia, che la scansione al THz è estremamente meno pericolosa di quella X sia per l’operatore che utilizza il macchinario che per la persona scansionata, anche perché una dose minima di radiazione permette di ottenere un’ottimo contrasto nelle immagini.
Il terzo motivo, quello fondamentale, è che molti esplosivi semplici e composti, così come molte droghe illegali, hanno delle linee caratteristiche nel loro spettro THz. Questo significa, in parole povere, che osservando lo spettro di assorbimento THz è possibile riconoscere dei picchi tipici che costituiscono l’”impronta” di una particolare sostanza: alcuni esperimenti sono stati condotti per mostrare come il TNT, il C-4, l’RDX o le metanfetamine possiedono spettri di riflessione/trasmissione impossibili da confondere con quelli dei materiali coprenti come vestiti o contenitori.
Non solo: anche plastiche rigide e certi metalli risaltano inconfondibilmente negli spettri, rendendo possibile l’individuazione di impugnature o lame nascoste.
Come mostrato nell’immagine, la scansione al THz porta con sé grandi potenzialità per l’imaging, ovvero la ricostruzione tridimensionale dell’oggetto in esame, anche rispetto alle tecnologia utilizzata ora nei body-scanner con radiazione MMW: una minore lunghezza d’onda si traduce in una maggiore risoluzione spaziale. Si può anche notare come sia il giornale sia i vestiti siano completamente assenti se si guarda con “occhi al THz”.
E’ altrettanto chiaro come l’annoso problema della privacy non sia risolto. Bisogna tuttavia essere in grado di distinguere tra il temuto Grande Fratello che registra e legge le nostre tracce ed un lecito tentativo di salvare le vite di migliaia di persone. Tuttavia è qui che finisce il dominio della scienza ed inizia quello della legge (o, sempre più spesso, del buon senso): fino a che punto le precauzioni che stamo mettendo in atto sono davvero utili? Il rischio è quello della psicosi, che porta con sé la difficoltà nel focalizzare le vere problematiche, e che -inevitabilmente- va a favorire tutto quello che si vuole combattere.