Come potrete ben intuire dall’affollarsi di post a tema fotografico da parte di più autori della redazione di Hardware Upgrade, la fotografia è un tema che ci appassiona un po’ tutti: francamente non so dirvi se siamo qui per la nostra passione per la fotografia o il fatto di essere tutti i giorni in mezzo alla tecnologia ci ha portato ad acuire la suddetta passione.
In ogni caso sui temi già trattati da Alessandro e Andrea sorgono spesso discussioni in ufficio, nella pausa pranzo o durante una pausa caffé. Butto in pentola anche il mio contributo, una sorta di commento lungo che potrebbe anche trovare posto in calce al post di Andrea, nato in principio da pensieri e riflessioni sulle tecniche HDR, in cui ogni tanto mi diletto e che ho scoperto anche automatiche e funzionali sulla Sony Alfa 550 attualmente in prova in redazione.
Parto dicendo che condivido molte delle opinioni postate dagli utenti nei commenti, ma mi spingo ulteriormente a monte.
La riflessione che la fotografia digitale sia meno naturale di quella analogica e soprattutto del meccanismo che sovraintende alla visione umana mi ha sempre lasciato un po’ perplesso. Dopotutto noi vediamo perché alcuni elementi sensibili della nostra retina (coni e bastoncelli) stimolati dalla luce producono uno stimolo elettrico, che viaggia fino quel magnifico motore di elaborazione che è il nostro cervello: un sensore digitale (con hardware ben diverso!) lavora allo stesso modo.
Per di più il nostro cervello elabora le informazioni in arrivo in aree diverse dell’encefalo (le forme, i colori e via dicendo) e poi le mette insieme per fornire alla nostra mente una rappresentazione della realtà che è entrata nel nostro occhio attraverso la luce emessa e riflessa dall’ambiente intorno a noi. A questo punto nella mia testa si inserisce un pensiero sulle possibili differenti percezioni e rappresentazioni della stessa realtà in differenti soggetti, ma ci porterebbe fuori tema.
Scendendo a valle di un gradino arriviamo alla pellicola. Anche qui le analogie con il digitale, sebbene con mezzi e procedure ben differenti, sono molte e sono state messe ben in evidenza nei vostri commenti: postproduzioni erano possibili (e molto utilizzate) anche nello sviluppo delle pellicole, richiedevano solo molto più tempo, attrezzature dedicate e conoscenze ben superiori a quelle che permettono di sposare un cursore con il mouse.
Anche qui mi spingo oltre: il comune mortale come me, nella sua completa ignoranza dei processi di sviluppo e stampa, sapeva già ai tempi dell’analogico che le sue foto venivano “trattate”, a volte in modo molto differente.
Io, ad esempio, sapevo che i rullini con paesaggi dovevo portarli a un certo laboratorio per ottenere blu intensi, colori saturi e luminosi, anche se quel laboratorio mi costava qualche lira di più.
Spingendomi ancora oltre, gli amatori evoluti e i professionisti sapevano benissimo quale precisa pellicola utilizzare nelle differenti situazioni d’uso: non è la stessa cosa che impostare un certo profilo colore in macchina oppure bilanciare il bianco in maniera particolare. Certo oggi scattando in RAW si ha l’indubbio vantaggio di poter scegliere la “pellicola” giusta per ogni scatto in postproduzione, ma lo stesso discorso vale in fase di acquisizione per gli ISO di sensibilità.
Tirando una prima conclusione il digitale ha portato a una forte semplificazione e democratizzazione degli strumenti prima a disposizione di una cerchia (ristretta o meno) di appassionati e professionisti: forse lo scandalo sta proprio qui.
Ma è stato scandalo anche quando nel 1888 George Eastman (fondatore della Kodak) se ne è venuto fuori con il motto “Voi premete il pulsante, noi facciamo il resto“, portando la fotografia ai comuni mortali e facendola uscire da quella stretta cerchia di alchimisti (artisti, chimici e fisici allo stesso istante), i soli in grado di mettere insieme legno, ferro, vetro, solventi, sali e supporti per catturare la luce.
Ogni passaggio di democratizzazione ha fatto, a suo modo, gridare allo scandalo, ma dopotutto siamo ancora qui a fotografare e gli scenari apocalittici successivi alla volgarizzazione della fotografia non si sono poi verificati. Chi è artista e innovatore può sempre trovare il suo spazio lontano dalla massa, soltanto che se una volta erano i chimici a carpire i segreti della luce, ora sono quelli che si occupano di elettronica e informatica, tecnici, programmatori, ingegneri.
Ora dovrei riprendere il filo iniziale e parlare dell’High Dynamic Range, ma penso che per il momento la carne al fuoco sia sufficiente (anche se il buon Bai avrebbe da ridire su questa affermazione culinaria) e mi fermo qui, rimettendomi alle vostre opinioni e rimandando il tema della fusione degli scatti.